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Malattie curabili con cannabis e CBD (da ricerche scientifiche)

Sono tante le malattie curabili con cannabis e CBD secondo gli scienziati e in questo articolo esamineremo le diverse ricerche. Se hai bisogno di ulteriori info scrivi un commento a fondo pagina.

11 Novembre 2022 alle 6:56
Tempo di lettura: 37 min

Insonnia, cancro, sclerosi multipla, disturbi alimentari, nausea, ansia ed epilessia sono solo una piccola parte delle malattie curabili con i cannabinoidi.

La cannabis sativa, infatti, è uno dei rimedi naturali conosciuti fin dall’antichità, quando veniva apprezzata per il suo altissimo valore terapeutico. Già 6 mila anni fa, si ricorreva a questa pianta per le sue qualità curative, ma nel tempo il suo uso è stato fortemente osteggiato. I pericoli collegati all’abuso e alla dipendenza hanno portato forti limitazioni sia all’uso della cannabis che alla ricerca scientifica. Negli anni Trenta del secolo scorso, molti stati hanno dichiarato illegale la marijuana, rallentando tutte le ricerche collegate ai suoi principi attivi.

Solo dopo gli anni Cinquanta, i ricercatori hanno iniziato ad isolare cannabinoidi e terpeni - dapprima il cannabidiolo e successivamente il tetraidrocannabinolo - mettendo in evidenza il loro effetto benefico. La scoperta del sistema endocannabinoide e del meccanismo con cui i cannabinoidi interagiscono con l’organismo è ancora più recente, e ha ampliato le conoscenze sulle proprietà terapeutiche del CBD e sugli altri fitocannabinoidi.

Oltre alle patologie già citate, la cannabis ha dimostrato la sua validità nella cura delle neuropatie e nelle malattie reumatiche, alleviando i dolori cronici nei pazienti affetti da fibromialgie, artrite e osteoartrosi. È utilizzata efficacemente anche per alleviare gli effetti collaterali delle terapie anticancro e per migliorare la condizione dei pazienti malati di AIDS. La qualità dei derivati della canapa è innegabile, considerando anche la lieve entità dei possibili effetti collaterali riscontrati. Per questo motivo si auspica che la ricerca riesca ad approfondire ancora meglio le conoscenze su cannabidiolo (CBD) e tetraidrocannabinolo (THC) e sugli altri cannabinoidi e composti presenti nella cannabis.

Nell’articolo troverai una raccolta delle malattie curabili con i cannabinoidi, corredata dai più importanti studi condotti a riguardo.

Malattie curabili o trattabili con cannabis e CBD

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coltivazioni indoor Crystalweed.

Gli anni di proibizionismo hanno impedito ai ricercatori di effettuare studi di grande entità sulle qualità terapeutiche della cannabis. Tuttavia, dopo aver scoperto cos’è il CBD e quali sono i suoi effetti sull’organismo, sarebbe impossibile arrestare la curiosità a riguardo.

Quello che è emerso sull’interazione tra cannabinoidi e organismo dagli studi in vitro, dagli studi clinici, e dalle ricerche su cavie, infatti, è di altissimo valore scientifico e può avere un forte impatto sulle terapie destinate a disturbi diffusi.

Come abbiamo visto, grazie ai cannabinoidi è possibile alleviare il dolore cronico, affrontare i disturbi alimentari, gestire alcune patologie psichiatriche piuttosto comuni e invalidanti, come ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress. Inoltre, queste sostanze sono state utilizzate proficuamente nel trattamento di alcune patologie neurodegenerative e neurologiche, tra cui il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer, la SLA e la sclerosi multipla.

In virtù delle sue proprietà antinfiammatorie, il CBD si è dimostrato estremamente utile ad uso topico, per trattare patologie cutanee di tipo infiammatorio, tra cui l’acne, la psoriasi e vari tipi di dermatite.

Andiamo ad approfondire le patologie trattabili con i cannabinoidi.

Obesità

L’assunzione di cannabis, in genere, è associata all’aumento di appetito e al desiderio di mangiare. Questo dipende dal ruolo del recettore CB1 sul metabolismo e nella gestione della fame; CB1, infatti, è uno dei recettori coinvolti nella sintesi dei cannabinoidi.

La scoperta di tale meccanismo, quindi, ha evidenziato che la cannabis non stimola esclusivamente l’appetito ma può essere utilizzata come antagonista del recettore CB1 per modulare la sensazione di fame e controllare il peso.

Molte delle ricerche scientifiche a riguardo hanno studiato gli effetti di rimonabant (in commercio come Acomplia), un farmaco anoressizzante a base di cannabis. In particolare, si è evidenziato come negli animali, l’assunzione del farmaco abbia ridotto il desiderio di alimenti appetibili - dolci - modulando il loro valore. Dunque, l’assunzione di cannabinoidi come antagonisti del recettore CB1 fa diminuire il desiderio di alimenti dolci, portando ad un dimagrimento significativo i soggetti obesi.

I pazienti che hanno effettuato il passaggio dal farmaco al placebo, dopo un anno di trattamento, hanno ricominciato a prendere peso a differenza di coloro che hanno proseguito con il trattamento. L’assunzione di rimonabant ha influito anche sul tabagismo, mostrando come la cannabis terapeutica possa inibire non solo la dipendenza da cibo ma anche quella da tabacco, con un netta diminuzione del rischio cardiovascolare.

Anoressia

L'anoressia è uno degli effetti secondari gravi comuni a diverse malattie, come il cancro, l’HIV, l’AIDS. In alcuni casi può portare alla morte del paziente ed è necessario intervenire per contrastare la perdita di peso.

Ci sono diverse testimonianze sul fatto che il consumo di cannabinoidi per via orale stimoli l’appetito e la sensazione di fame, per questo motivo sono stati effettuati diversi studi a riguardo nel corso degli ultimi trent’anni.

Da una revisione effettuata sugli studi scientifici a riguardo, in particolare sull’uso di dronabinol, un farmaco a base di cannabinoidi, e cannabis per via inalatoria, è emerso che i cannabinoidi sono efficaci nella perdita di peso dovuta all’infezione da virus dell'immunodeficienza umana e alla sindrome da immunodeficienza acquisita avanzata (ossia HIV e AIDS). La sindrome da deperimento, infatti, è stata ridotta in diversi studi scientifici, rivisti in successive revisioni scientifiche. Una revisione sistematica condotta da diversi ricercatori ha mostrato che l’assunzione di cannabinoidi (dronabinol e cannabinoidi per uso orale) ha portato ad un aumento di peso medio 0,1 chilogrammi, considerando però che il gruppo placebo aveva avuto una perdita di peso medio di 0,4 chilogrammi.

Nei pazienti malati di cancro, il megestrol acetato in combinazione con altri farmaci ha portato maggiori benefici rispetto al dronabinol, migliorando la sensazione di fame e il peso.

Nausea e vomito

I pazienti oncologici trattati con chemioterapici, in genere, soffrono di nausea e vomito in seguito alla somministrazione dei farmaci. Questi sintomi provocano un significativo peggioramento nella qualità di vita dei malati che, nei periodi successivi alla terapia, hanno malessere diffuso. Tra i trattamenti più utilizzati per contenere questi effetti collaterali, ci sono anche dei farmaci - il nabilone e il dronabinol - a base di cannabinoidi, scelti per le loro proprietà antiemetiche.

Una revisione del 2015 a cura di Whiting et altri ricercatori ha passato in rassegna 28 studi per un totale di 1.772 partecipanti. In ognuno di essi si analizzavano gli effetti dei cannabinoidi sulla nausea e sul vomito conseguenti alla chemioterapia. Nelle terapie utilizzate si ricorreva a tetraidrocannabinolo, nabilone, levonantradolo, dronabinol e nabiximol.

I risultati hanno evidenziato una reazione migliore nei pazienti trattati con i cannabinoidi rispetto a quelli a cui era stato somministrato il placebo.

Da un’altra revisione condotta dall’Istituto Cochrane nel 2015, tre studi hanno mostrato che i cannabinoidi funzionano contro il vomito e tre sostengono l’assenza sia del vomito che della nausea.

In mancanza di studi estesi, tuttavia, i ricercatori sostengono che i cannabinoidi aumentano l’efficacia dei trattamenti antiemetici tradizionali e vanno utilizzati accanto ad essi.

Inoltre, ci sono diverse testimonianze che l’inalazione o l’ingestione di cannabis vegetale sia benefica nel trattamento degli effetti collaterali dei chemioterapici, ma ancora non si hanno studi completi in merito. 

Dolore lieve e cronico

Gli studi sull’uso dei cannabinoidi nel trattamento del dolore cronico forniscono prove interessanti sulla validità di queste sostanze nell’alleviare i dolori lievi e di natura cronica.

I risultati più positivi arrivano dalla già citata revisione di Whiting, basata su studi condotti con una ridotta possibilità di bias. In relazione al dolore cronico, i ricercatori hanno selezionato 28 ricerche, in cui sono state analizzate in totale 2.454 persone interessate da dolore cronico.

La maggior parte di questi studi erano incentrati su cannabinoidi di origine vegetale, dai quali è emerso che l’uso di questi principi attivi allevia il dolore.

Per approfondire le conoscenze sull’effetto delle infiorescenze di canapa sul dolore acuto, si possono considerare anche le ricerche di Wallace e Wilsey, che hanno entrambe dimostrato l’efficacia del fiore di cannabis, anche se nel primo caso l’effetto era determinato dal dosaggio del CBD e degli altri cannabinoidi.

Una ulteriore revisione del 2015 a cura di Michele H. Andreae ha integrato le informazioni disponibili con ricerche specifiche sull’efficacia dell’assunzione per via orale dei cannabinoidi, suggerendo una diminuzione del dolore neuropatico successivamente all’inalazione di cannabinoidi.

Sclerosi multipla

Gli studi sull’uso dei cannabinoidi orali come trattamento per i sintomi della spasticità nella sclerosi multipla mostrano dei miglioramenti riferiti dai pazienti, ma non forniscono dati misurabili a livello medico.

La sclerosi multipla comporta una difficoltà nel controllo dei movimenti dovuta a delle lesioni a livello di motoneuroni. La conseguenza per i pazienti sono movimenti disordinati e talvolta incontrollabili dei muscoli.

I riferimenti scientifici a riguardo sono stati raccolti da Whiting nel 2015 e da Koppel nel 2014, arrivando a conclusioni comuni: i farmaci a base di THC e il THC hanno proprietà antispastiche che riescono a ridurre i movimenti incontrollati dei pazienti.

In particolare, nelle revisioni di Whiting, tre studi su pazienti affetti da sclerosi multipla hanno riportato un miglioramento significativo delle persone trattate con i principi attivi della cannabis rispetto al placebo.

Koppel, inoltre ha concluso che il THC assunto per via orale è un rimedio efficace a lungo termine mentre sembra probabilmente inefficace a breve termine.

Infiammazioni

Il CBD si è dimostrato un principio attivo dalle potenti proprietà antinfiammatorie. Inoltre, è un efficace antiossidante, estremamente utile per contrastare le malattie di tipo neurodegenerativo, come l’aterosclerosi.

La sua efficacia è dimostrata da diversi studi scientifici, che rivelano quanto il principio attivo sia valido per ridurre i dolori cronici. Tra di essi bisogna segnalare lo studio di Kristina B. Svendsen, Troels S. Jensen e Flemming W, Bach che ha mostrato come, su 24 pazienti con sclerosi multipla, l’intensità del dolore sia diminuita con la somministrazione di dronabinol. Il dolore è una risposta dell’organismo alle infiammazioni e, per trattarlo in modo valido, è fondamentale lavorare sulla sua causa: ossia l'infiammazione.

A causa delle infiammazioni, l’organismo genera una serie di reazioni che possono essere attenuate con il trattamento a base di CBD. Uno studio del 2007 intitolato Il cannabidiolo attenua l'elevata risposta infiammatoria delle cellule endoteliali indotta dal glucosio e l'interruzione della barriera suggerisce che il CBD riuscirebbe a contenere alcune di queste reazioni, ossia la “produzione di superossido mitocondriale ad alto contenuto di glucosio, l’attivazione di NF-kappaB, la formazione di nitrotirosina, iNOS e molecole di adesione ICAM-1 e espressione di VCAM-1, adesione monocita-endoteliale, migrazione transendoteliale dei monociti e interruzione della funzione della barriera endoteliale nell'arteria coronaria umana le cellule endoteliali (HCAEC)”.

Oltre alla sclerosi multipla, i cannabinoidi si sono dimostrati un valido sostegno nelle malattie neurodegenerative; nel Morbo di Parkinson, ad esempio, riescono ad avviare un’attività neuroprotettiva estremamente utile.

Sono, inoltre, numerosi gli esperimenti che mostrano una riduzione dello stato infiammatorio nel sistema nervoso centrale.

Da alcuni esperimenti sull’efficacia dei farmaci antiobesità sui ratti è risultato che con l’introduzione del farmaco si riduce l’ipersensibilità sensoriale.

Infiammazioni croniche intestinali

Conosciute anche come sindrome dell'intestino irritabile (IBS), le infiammazioni intestinali sono un disturbo piuttosto comune che interessa circa un decimo della popolazione mondiale.

I sintomi più comuni della patologia sono i dolori addominali, la costipazione, la diarrea e il gonfiore e, in genere, la sindrome dell’intestino irritabile viene classificata proprio a seconda dei sintomi che presenta il paziente.

L’interazione con i cannabinoidi, come evidenziato nella ricerca “Espressione differenziale dei recettori dei cannabinoidi nel colon umano: i cannabinoidi promuovono la guarigione delle ferite epiteliali”, è spiegata dalla presenza di ricettori di tipo 1 (CB1) all’interno del colon dove, sia la mucosa, che gli strati neuromuscolari presentano i recettori dei cannabinoidi.

Negli esperimenti sui ratti, i ricercatori hanno notato che gli endocannabinoidi inibiscono il transito gastrico e l'impulso intestinale del colon.

Uno studio farmacologico del 2012 su volontari ha dimostrato che i cannabinoidi possono ridurre e contrastare la motilità del colon riducendo sintomi come diarrea e coliche intestinali. Lo studio ha coinvolto 36 pazienti sotto i settant’anni, a cui è stato somministrato dronabinol e il placebo per 24 ore.

Morbo di Parkinson

Chi è affetto dal morbo di Parkinson manifesta tremori anche a riposo, difficoltà e rallentamento nei movimenti, resistenza ai movimenti passivi. Uno dei sintomi più evidenti sta nell’impossibilità di controllare la fase iniziale e finale dei movimenti.

La causa è riconducibile alla riduzione di dopamina dovuta ad un minor numero di cellule nel sistema nervoso centrale. Purtroppo si tratta di una patologia neurodegenerativa, la cui progressione non può essera arrestata, e l’unico modo per intervenire sta nell’arginare la sintomatologia.

Sebbene possa sembrare una patologia poco comune, sono moltissime le diagnosi di Parkinson nel mondo - si parla di circa 5 milioni di persone - mentre per quanto riguarda l’Italia siamo intorno ai 250 mila casi.

Attualmente si utilizzano farmaci a base di levodopa che, a lungo andare, provocano la comparsa di movimenti involontari. Per cui, considerando l’azione dei cannabinoidi sul sistema endocannabinoide e sul sistema neurologico, si sono resi utili delle ricerche sull'efficacia dei cannabinoidi sul morbo di Parkinson.

Dai diversi studi esistenti non si sono ottenuti dati significativi, visto il numero esiguo dei pazienti analizzati. Tuttavia, alcune ricerche fanno ben sperare, come quella del 2004 condotta da Carrol sulla validità del trattamento con la cannabis nel ridurre la discinesia provocata da levodopa e la ricerca condotta da Sieradzan nel 2001. Entrambe, infatti, hanno concluso che i trattamenti a base di cannabis (nabilone) riducono gli effetti collaterali del levodopa, in particolare la discinesia.

Uno studio limitato a 22 pazienti condotto nel 2014, si è soffermato sull'efficacia dei cannabinoidi assunti per inalazione, ossia della marijuana per uso medico. Il risultato è stato una significativa riduzione dei sintomi.

Morbo di Huntington

Le caratteristiche principali del morbo di Huntington sono il decadimento delle facoltà psichiatriche e la perdita progressiva delle capacità cognitive. A livello fisico, invece, si manifesta con attività incontrollate, dette coree.

Si tratta di una patologia ancora in fase di studio, nella quale sembra che sia coinvolto il sistema endocannabinoide. Da questa evidenza, sono stati indagati i possibili effetti della cannabis nei pazienti affetti dalla malattia di Huntington con diversi studi. A partire da una revisione del 2012 i membri dell’American Academy of Neurology hanno concluso che "la corea di Huntington migliora in seguito all’assunzione di nabilone”. In particolare, i miglioramenti erano relativi alla sfera neuropsichiatrica ​​e comportamentale.

Sindrome di Tourette

Il paziente affetto dalla sindrome di Tourette mostra sporadicamente tic, comportamento ossessivo-compulsivo e vocalizzazioni, e l’uso della cannabis potrebbe essere utile per ridurre questi movimenti. Grazie all’assunzione di THC migliora la condizione del paziente senza provocare mancanze a livello intellettivo.

Queste conclusioni sono state tratte da quattro rapporti differenti condotti da KR MuIIer-VahI  e U. Schneider, in cui sono stati analizzati diversi pazienti affetti dalla sindrome di Tourette. Ai pazienti è stata somministrata una scala di autovalutazione e, in più, sono stati sottoposti alla valutazione da parte di un ricercatore. Dai dati raccolti si è notato un miglioramento delle condizioni dei pazienti, senza ricadute sulle capacità cognitive.

Durante gli studi avvenuti su trentasei pazienti affetti da Tourette, i ricercatori hanno somministrato capsule di THC e placebo, valutando le differenti reazioni dopo due giorni di cura e dopo sei giorni. Dalle scale e dagli esiti clinici si è visto un generale miglioramento dei sintomi

Secondo gli scienziati, il miglioramento dei sintomi nei malati di Tourette è collegato agli effetti ansiogeni del THC.

Dalle revisioni di Whiting e Koppel, tuttavia, la metodologia delle ricerche presenta delle lacune e questi dati andrebbero approfonditi.

Morbo di Alzheimer

L’Alzheimer è una patologia che provoca demenza e declino cognitivo; dapprima interessa la memoria e il linguaggio fino a coinvolgere funzioni pratiche come lo spostamento e percezione. La progressione della malattia porta molti pazienti a mostrarsi aggressivi, agitati, inappetenti e difficili da controllare. La malattia, di natura neurodegenerativa, è causata da un’infiammazione a livello neurologico, che provoca disordini nel cervello. Per comprendere l’efficacia dei cannabinoidi nell’Alzheimer, dunque, bisogna considerare la struttura del sistema endocannabinoide e la presenza dei recettori dei cannabinoidi anche nel sistema nervoso centrale. 

Tra le ricerche più interessanti in tal senso, ci sono quelle di María L. de Ceballos, dell'Istituto spagnolo Cajal del CSIC, che da quasi vent’anni dedica i suoi studi a questi disturbi. In una ricerca datata 2005 gli studiosi hanno evidenziato che il CBD svolge una funzione neuroprotettiva e scoraggia l'attivazione microgliale, così da garantire l’incolumità dei neuroni. La capacità dei cannabinoidi di proteggere i neuroni è dimostrata anche da uno studio successivo effettuato sia dal vivo che in vitro.

Una ricerca più recente sui potenziali effetti terapeutici del THC sulla malattia di Alzheimer non ha concentrato l’attenzione sulla funzione neuroprotettiva dei cannabinoidi ma sulla capacità di ridurre la sintomatologia e prevenire i disagi legati all’Alzheimer.

Epilessia

Nei due terzi dei casi, l'epilessia esordisce prima dei dodici anni, con convulsioni, scatti, movimenti anomali, disturbi della sensibilità e problemi nella gestione del linguaggio. Si tratta di una problematica di natura neurologica, che coinvolge le differenti aree cerebrali, impedendo ai neuroni di lavorare come dovrebbero.

Si tratta di un disturbo molto diffuso per il quale, attualmente, non ci sono cure definitive. I farmaci in commercio permettono di ridurre i sintomi e contenere il numero delle crisi ma nessun rimedio è risultato efficace per eliminare del tutto le crisi convulsive.

Uno studio del 2016 sull’utilità del cannabidiolo (CBD) nei pazienti affetti da epilessia resistente al trattamento e forme di epilessia grave come la sindrome di Dravet e la sindrome di Lennox-Gastaut ha dimostrato l’efficacia del CBD, con eventuali effetti avversi di lieve entità. Lo studio è stato condotto su 162 pazienti al di sotto dei trent'anni, portando interessanti evidenze: dopo 12 settimane di trattamento si è vista una diminuzione di quasi il 40% delle crisi motorie mensili.

Una ricerca quasi contemporanea di Rosenberg e Devinsky (risalente al 2015) ha portato alla conclusione che il CBD diminuisce gli effetti psicoattivi del THC sul sistema endocannabinoide. L’utilizzo dell’intera pianta di canapa, invece, porta ad una significativa riduzione delle crisi convulsive.

Sull’epilessia sono estremamente interessanti le ricerche effettuate in Israele e riportate da

Tzadok. Nelle cliniche per l'epilessia pediatrica israeliane, gli adolescenti e i bambini vengono trattati con una formulazione orale a base di THC e CBD, con cannabidiolo rinforzato. Su 74 soggetti sottoposti a trattamento, si sono ridotti notevolmente i sintomi e la frequenza delle crisi convulsive e, addirittura nel 18% dei bambini trattati, la riduzione delle crisi è stata tra il 75 e il 100%.

Disturbo bipolare

L’uso della marijuana medica per i disturbi bipolari è molto comune, sia per affrontare gli eccessi di rabbia che per controllare la depressione.

Le prove della sua efficacia sono essenzialmente aneddotiche ma evidenziano la necessità di una ricerca clinica più ampia a riguardo.

In una ricerca sull'uso della cannabis come stabilizzatore dell'umore nel disturbo bipolare, condotta da Grinspoon e Bakalar nel 1998, si passano in rassegna numerosi casi clinici in cui i pazienti hanno descritto i benefici apportati dall’uso di cannabis.

In particolare, una paziente ha riferito di essere riuscita a controllare la rabbia maniacale, mentre in alcuni casi l’uso di preparati a base di cannabinoidi è stato utilizzato per ridurre il consumo di litio e mitigare i suoi effetti avversi.

Una rassegna del 2005, invece, è stata effettuata con lo scopo di rintracciare eventuali ricerche sull’uso della cannabis nel disturbo bipolare. La letteratura scientifica in tal senso è scarsa, tuttavia, considerando le proprietà terapeutiche della cannabis nei casi di depressione, manie, ansia e disturbi del sonno, questa sostanza potrebbe avere un effetto benefico anche sul disturbo bipolare.

Schizofrenia

La schizofrenia e il disturbo schizofreniforme rientrano tra i disturbi della salute mentale e presentano sintomi differenti a seconda della tipologia di disordine mentale.

Delirio, allucinazioni o difficoltà nella gestione dei movimenti sono classificati come sintomi positivi; i disturbi nel linguaggio, l’astenia e il disinteresse riconducono a sintomi negativi; le difficoltà nell’organizzazione dei pensieri è considerata un disturbo di tipo cognitivo.

Nei pazienti che presentano il disturbo schizofreniforme è molto comune il ricorso alla cannabis, scelta che sembra riconducibile all’effetto neuroprotettivo della sostanza. Sembra che la cannabis nei soggetti schizofrenici moduli la produzione di anandamide nel sistema nervoso centrale, influendo sulla loro salute mentale.

A livello scientifico, tuttavia, mancano prove sulla validità della cannabis nel trattamento della schizofrenia, al di fuori di piccoli studi che hanno evidenziato dei benefici contenuti nella cannabis rispetto ai farmaci antipsicotici tradizionali.

Disturbo post-traumatico da stress (PTSD)

Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) si manifesta in soggetti che sono stati esposti a eventi traumatici. Casi frequenti di questo disturbo sono stati riscontrati nei reduci di guerra, ma i sintomi si manifestano anche in seguito violenze e abusi sessuali, minacce, o dopo aver assistito a situazioni aggressive, anche come semplici testimoni.

I sintomi ricorrenti sono la comparsa di ricordi e flash, l’insonnia, gli incubi notturni, le variazioni dell’umore, reazioni forti nelle situazioni legate in qualche modo all’esperienza vissuta.

Non è un caso, dunque, che tra gli studi più validi sull’utilizzo dei cannabinoidi contro gli incubi indotti da disturbo da stress postraumatico ce ne sia uno proprio sui militari. Alcuni ricercatori hanno analizzato gli effetti della cannabis su un gruppo formato da dieci soldati canadesi con incubi ricorrenti, somministrando loro delle capsule di nabilone. Dopo sette settimane di trattamento, ci sono state due settimane di pulizia totale per poi riprendere con un secondo trattamento. Le conclusioni dello studio sono state a favore del principio attivo, considerato valido per ridurre gli incubi indotti dal disturbo post-traumatico da stress.

Depressione

La depressione è un disturbo molto comune che ha ricadute sia a livello mentale che fisico. Può presentarsi in qualsiasi età ed è più frequente nelle donne. Le forme di depressione più note sono il disturbo distimico, il disturbo depressivo e i disturbi bipolari, molto distanti tra di loro ma con tratti simili, come la tristezza, gli sbalzi d’umore, la mancanza di appetito e i disturbi del sonno.

L’idea di analizzare l’efficacia della cannabis nel trattamento della depressione arriva dall’assunto che i cannabinoidi riescano a influenzare l’umore in maniera decisa.

Dalla revisione di Whiting che abbiamo già avuto modo di incontrare in precedenza non sono emersi studi specifici sui cannabinoidi nel trattamento della depressione. Eppure, ci sono diversi studi condotti su altri tipi di malattie in cui la depressione può essere coinvolta, come quelli sul disturbo post-traumatico da stress, sul dolore cronico o sulla sclerosi multipla.

In tutto sono stati individuati cinque studi sul ruolo della cannabis nelle malattie con disturbi depressivi tra i sintomi ( compresi il dolore cronico e la sclerosi multipla). Per valutare la terapia a base di cannabis sono state somministrate diverse sostanze, ossia il nabilone, la diidrocodeina, il dronabinol.

Attualmente, però, non ci sono evidenze a supporto di questa terapia nella depressione, ma solo testimonianze di altri pazienti che non possono essere considerate in termini statistici.

Ansia

L’ansia è uno stato emotivo che può diventare patologico o proporsi esclusivamente in alcuni momenti della vita. In genere è caratterizzata da paura, tensione e sentimenti sgradevoli che emergono sia senza una causa scatenante che in seguito a eventi specifici.

In alcuni casi, determina una sofferenza ingestibile, che porta alla necessità di un trattamento immediato e forte.

Sono moltissime le malattie correlate all’ansia, che spesso si presenta come uno dei sintomi della schizofrenia, della depressione e dei disturbi di tipo maniacale.

I sintomi possono interessare i pazienti sia dal punto di vista psicologico - come il timore della morte, la difficoltà a distendersi, un forte senso di apprensione, insonnia, difficoltà a mantenere la concentrazione - che a livello fisico - come senso di soffocamento, dolore al torace, nodo alla gola, bocca asciutta, palpitazioni, diarrea.

I sintomi dell’ansia possono complicare notevolmente la qualità di vita dei pazienti, rendendo difficile sia la sfera sociale che lavorativa. Considerando gli effetti calmanti del CBD, sono state fatte diverse ricerche sull’uso dei cannabinoidi nella gestione dell’ansia.

Una delle ricerche più significative è un esperimento casuale controllato pubblicato nel 2011, in cui un team di ricercatori ha indagato l’effetto dei cannabinoidi sull’ansia sociale indotta dal parlare in pubblico.

Nello studio sono stati coinvolti ventiquattro pazienti con fobia sociale e disturbi di panico, a cui è stata distribuita una dose di CBD o una sostanza placebo; inoltre è stato creato un gruppo di controllo che non ha ricevuto trattamenti. Dopo l’assunzione del farmaco, i ricercatori hanno osservato i cambiamenti nei pazienti, attraverso valutazioni soggettive dell’umore e dell’autoaffermazione. A livello fisico, sono state rilevate in diversi momenti le reazioni fisiologiche, ossia i battiti cardiaci e la pressione.

I risultati sono stati ottimali, portando ad una riduzione dell’ansia di parlare in pubblico, delle difficoltà di tenere il proprio discorso mantenendo un tono calma e attento, e delle capacità cognitive.   

Insonnia

Dai dati diffusi dall’Associazione Italiana per la Medicina del Sonno (AIMS) sono più di dodici milioni gli italiani (cioè un quarto della popolazione) che hanno difficoltà a prendere sonno, a dormire tutta la notte senza interruzioni o a terminare la nottata di sonno. L’insonnia, dunque, è una problematica molto diffusa che può essere di tipo cronico o transitorio.

A seconda dei sintomi, i disturbi del sonno vengono classificati in parasonnie, ipersonnie, insonnia, disturbi respiratori del sonno, disturbi del movimento legati al sonno e alterazione del ritmo circadiano sonno-veglia.

Secondo le prove aneddotiche, il THC influisce sulla qualità del sonno e uno studio ha sottolineato che, a basso dosaggio diminuisce il tempo di insorgenza del sonno, mentre ad alto dosaggio avviene il contrario.

Per avere una visione più completa è necessario affidarsi alle revisioni scientifiche relative agli studi sull’insonnia, che hanno analizzato l’effetto dei cannabinoidi sul trattamento dei disturbi del sonno. In molti degli studi analizzati è stato riscontrato un effetto positivo del rimedio a base di cannabinoidi utilizzato - nabilone, capsule di THC/CBD, THC fumato, dronabinol -  che ha migliorato la qualità del sonno dei pazienti rispetto al placebo.

Le conclusioni in seguito alla revisione sono state che i cannabinoidi influiscono in maniera positiva sulla qualità del sonno nei casi di apnea ostruttiva del sonno, sclerosi multipla, dolore cronico, fibromialgia.

Asma

Malattia cronica dell'apparato respiratorio di tipo infiammatorio, l’asma è una broncocostrizione completa o parziale che si presenta con dispnea, riduzione della pressione arteriosa, affanno, sensazione di costrizione al torace e tosse stizzosa.

La comparsa di questa patologia è comune nei bambini ed è una causa importante di accesso negli ospedali; nei casi gravi può provocare anche il decesso del paziente.

Uno studio del 1984 sugli effetti bronchiali acuti e subacuti dei cannabinoidi orali ha misurato la risposta ai farmaci e gli effetti dei farmaci sulla broncodilatazione, in tre diversi esperimenti. Al termine degli esperimenti, i ricercatori hanno concluso che il THC svolge un’azione broncodilatatrice acuta, mentre la combinazione di CBD, CBD e THC ha influito sulla frequenza dei battiti.

L’esito di un altro studio sull’efficacia della marijuana medica nell’asma è stato altrettanto significativo. In particolare, il consumo di erba legale per combustione ha corretto il broncospasmo e l’alterazione dell'apparato respiratorio velocemente in pazienti con broncospasmo causato dall'esercizio fisico.

Attraverso un test clinico sull’effetto broncodilatatore del THC, JP. Hartley , SG. Nogrady e Un. Seaton hanno riferito che il THC, assunto tramite inalazione, migliora la broncodilatazione nei casi di asma in pochi secondi; la sua efficacia è strettamente collegata al dosaggio somministrato.

Disturbi cardiovascolari

In che modo i cannabinoidi possono incidere sui disturbi cardiovascolari?

I fitocannabinoidi possono influire sulla pressione arteriosa, sul controllo della motilità dei vasi sanguigni, sugli spasmi muscolari e sulle contrazione cardiache, sull’angiogenesi e sull’infiammazione dei vasi sanguigni. Questo è possibile per l'ampia diffusione del sistema endocannabinoide all’interno dell’organismo, che interessa anche il sistema nervoso centrale e la funzione vascolare. In particolare, i recettori CB1 agiscono sui vasi sanguigni e la loro presenza è stata rintracciata anche nel cuore, dove hanno la capacità di abbassare l’intensità delle contrazioni cardiache.

Ciò determina il possibile coinvolgimento del sistema endocannabinoide nell’ipertensione, nell’aterosclerosi, nelle ischemie del miocardio, nell’infarto, nell’ictus e nell’arresto cardiaco.

Dagli studi sull'argomento il CBD sarebbe il rimedio più adatto assieme al THC, poiché migliora l’efficacia di quest’ultimo e ne allevia gli effetti collaterali.

Uno studio sugli effetti della cannabis sulla prestazione cardiaca suggerisce che il THC migliora le prestazioni cardiache. Mentre da un test clinico su ventuno soggetti esperti consumatori di cannabis, il consumo di marijuana ha provocato un aumento della frequenza cardiaca, senza indurre conseguenze sulla contrattilità miocardica.

Uno studio sull’ingestione a breve termine e l’ingestione prolungata di THC ha evidenziato che gli effetti a breve termine conducono ad un aumento dell'eccitazione, mentre un uso più duraturo tende a inibire l’eccitazione.

Glaucoma

Il glaucoma è determinato da una serie di patologie che danneggiano il nervo ottico, fino a portare alla cecità del paziente. Si sviluppa lentamente e in alcuni casi, soprattutto nelle fasi iniziali, non manifesta sintomi. Può interessare sia i bambini che gli adulti, ma gli esiti peggiori si verificano dopo il compimento dei sessant’anni.

A seconda della tipologia di glaucoma - ad angolo aperto, acuto ad angolo chiuso, a tensione normale, pigmentario - può dare sintomi differenti. In genere, la sua insorgenza è legata ad un'elevata pressione oculare, dovuta ad un aumento dell’umore acqueo nell’occhio.

Dagli studi sull'argomento, sembra che il consumo di cannabis possa far diminuire la pressione sanguigna a breve termine, ma non si hanno approfondimenti sull’efficacia dei cannabinoidi a lungo termine.

In proposito è possibile citare uno studio di laboratorio effettuato sui ratti nel 1984, da B.K. Colasanti, R.E. Marrone, C.R. Craig, per valutare l’efficacia dei cannabinoidi nell’ipotensione oculare e l’eventuale tossicità di queste sostanze. Dalle valutazioni è risultato che i cannabinoidi diminuiscono la pressione oculare in modo notevole; grazie alla somministrazione di CBD, inoltre, si allevia la tossicità oculare e la neurotossicità provocata dal THC.

Come evidenziato in uno studio comparativo del 1998, nel corpo ciliare dei ratti sono presenti i recettori dei cannabinoidi CB1, questi sono in numero nettamente maggiore rispetto ad altre parti dell’occhio. Dagli studi condotti, dunque, si rafforzano le evidenze sulle proprietà dei cannabinoidi contro il glaucoma e sulla loro capacità di ridurre la pressione intraoculare.

Cancro

Il cancro, o tumore, è una condizione patologica caratterizzata dalla proliferazione anormale e incontrollata delle cellule. Considerato come una delle cause principali di morte nei paesi sviluppati, il cancro può svilupparsi in un organo e dare origine a tumori secondari o metastasi. A livello di consistenza, si parla di tumori solidi e tumori del sangue. I sintomi variano a seconda della localizzazione della patologia ma, in stadi avanzati, possono manifestarsi problemi come fatica, tosse, noduli sottocutanei, occlusione intestinale, febbre e difficoltà digestive.

Il legame tra cancro e cannabinoidi è indotto dall’attività antiproliferativa di questi ultimi, nota già dagli anni Settanta. Da una revisione sistematica della letteratura sugli studi clinici e sperimentali sugli effetti antitumorali dei cannabinoidi condotta nel 2014, sono state rinvenute diverse prove a supporto dell’efficacia dei cannabinoidi nel trattamento del cancro. Dai vari database sono stati individuati circa 2.260 articoli sull’argomento, dai quali sono stati estratti trentacinque contributi, effettuati in vivo o in vitro, molto rilevanti.

Le attività antitumorali studiate erano relative all’effetto antiproliferativo, alla riduzione della grandezza del tumore, agli effetti contro la formazione di metastasi. I cannabinoidi, inoltre, hanno agito in maniera selettiva sulle varie forme tumorali.

Alcuni studi si sono soffermati sugli effetti della cannabis in situazioni specifiche come la riduzione dei melanomi e il controllo dello sviluppo del cancro al seno umano.

Psoriasi

La patologie cutanee sono uno dei campi in cui la cannabis è risultata più valida, questo grazie alle proprietà lenitive, di seboregolazione, antinfiammatorie, riparatrici, antistress e anti proliferative sui cheratinociti dei fitocannabinoidi.

La psoriasi è una delle patologie dermatologiche più fastidiose, dovuta ad un’alterazione del sistema immunitario; risulta particolarmente invasiva poiché può interessare non solo l’epidermide ma anche le articolazioni.

Le manifestazioni a livello cutaneo sono riconducibili a un ispessimento delle aree colpite, con la crescita di squame argentee, dove si avvertono dolori, fastidi e prurito.

Purtroppo non esistono rimedi definitivi per la cura della psoriasi, ma si può ricorrere a trattamenti efficaci per contenere i sintomi ed evitare che la malattia si espanda.

Molte delle terapie farmacologiche sono piuttosto invasive e provocano diversi effetti collaterali, per cui i pazienti affetti da psoriasi sono spesso alla ricerca di rimedi naturali utili.

La validità dei cannabinoidi sulla psoriasi sembra possa essere correlata alla riduzione dei cheratociti indotta dai cannabinoidi e dall’anandamide. Uno studio in merito è quello del 2016 sulla cannabis nella psoriasi refrattaria, in cui viene suggerito il trattamento con i cannabinoidi per rinforzare il sistema immunitario e attenuare la risposta infiammatoria dell’organismo a questa problematica.

In alcuni modelli è stato applicato a livello topico un prodotto analogo alla PEA (Adelmidrol), un endocannabinoide, diminuendo gli effetti infiammatori della dermatite allergica e della psoriasi.

Acne

L’acne è una malattia di tipo infiammatorio che si manifesta con brufoli, pustole, comedoni, papule, cisti o noduli. Le aree in cui si presenta sono il volto e il collo, il torace e il dorso.

Può manifestarsi in diversi momenti della vita, per cui si distingue in acne giovanile e acne tarda o tardiva. La comparsa dell’acne può essere collegata a molteplici fattori, tra cui la familiarità e la predisposizione genetica, ma diversi fattori esterni concorrono al suo aggravarsi, come lo stress, l’igiene, le infiammazioni batteriche, una dieta inadeguata e lo smog.

La sua evoluzione parte dalla formazione di punti neri, che possono infettarsi e trasformarsi via via in brufoli, papule e cisti, portando all'eventuale formazione delle cicatrici da acne.

Attualmente non esistono rimedi per eliminare l’acne, ma è necessario intervenire con decisione nel trattamento dei sintomi, così da contenere lo stato infiammatorio ed evitare un decorso dannoso a livello estetico.

Dagli studi scientifici, è emerso che all’interno delle ghiandole sebacee umane sono presenti l’anandamide e il 2-AG, collegate ai recettori dei cannabinoidi CB2. Questi recettori sono responsabili della formazione di sebo, per cui, attenuando la loro attività è possibile contenere le manifestazioni dell’acne.

Uno studio pubblicato nel 2014 ha confermato che il cannabidiolo, il componente non psicotropo della cannabis sativa, è un valido sebostatico, capace di regolare la produzione di sebo e riequilibrare la sintesi delle ghiandole sebacee.

Dermatite Atopica

Detto comunemente dermatite atopica, l’eczema è una condizione infiammatoria della cute che si presenta con irritazione, rossore, infiammazione, vescicole o croste. Attualmente non si hanno evidenze scientifiche che facciano ricondurre alle cause, ma sembra che sia una patologia multifattoriale periodica, legata alla genetica, allo stile di vita e al cambio di temperatura.

In genere, si presenta in soggetti inclini alle allergie e alle intolleranze alimentari. L’inverno è la stagione in cui la pelle tende a seccarsi di più, ed è proprio in questo periodo che la dermatite atopica tende a farsi sentire.

Dagli studi sull’adelmidrol e sull’azione degli endocannabinoidi sul sistema immunitario, abbiamo avuto modo di scoprire che i recettori CB2 sono coinvolti nella comparsa di varie forme di dermatite, per cui è necessario ricorrere a delle sostanze capaci di legarsi e inattivare il recettore CB2 per attenuare lo stato infiammatorio.

Da un articolo del 2014 sui target immunologici e molecolari del trattamento della dermatite atopica, sembra che il recettore dei cannabinoidi CB1 possa avere un coinvolgimento nella comparsa dell’eczema, per cui anche il THC può rivelarsi un rimedio utile per la dermatite atopica.

I nostri prodotti con i cannabinoidi (CBD)

Crystalweed è un'azienda specializzata nella produzione di cannabis legale, della migliore qualità. La profonda ricerca e la nostra passione per la coltivazione della terra ci ha portato a sviluppare colture salutari e prive di agenti chimici, per poter offrire ai nostri clienti un’erba legale dalle proprietà benefiche altissime e naturalmente priva di effetti dannosi per l’organismo.

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