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Fumare CBD in Italia è possibile?

13 Giugno 2025 alle 10:29
Tempo di lettura: 6 min
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fumare CBD in Italia

L'utilizzo della cannabis light per benessere personale sotto forma di oli, creme e tisane era ormai dato per assodato. Tuttavia, rimane ancora un grande interrogativo che in tanti si pongono con curiosità ma senza conoscere la risposta corretta: fumare CBD in Italia è possibile?

La domanda che fino a poco tempo fa aveva una risposta complessa e sfumata, oggi ha una risposta netta e definitiva. 

Con l'entrata in vigore del Decreto Sicurezza del 12 aprile 2025, quello che era un fiorente settore produttivo da mezzo miliardo di euro si è trasformato da un giorno all'altro in un'attività illegale. Ma attenzione: non si tratta di un provvedimento che incide sul consumo in sé, bensì sulle attività economiche legate alla coltivazione e commercializzazione delle infiorescenze di canapa con sede in Italia.

Ma, facciamo chiarezza su cosa è cambiato davvero e quali sono le conseguenze per consumatori e produttori che si chiedevano se fumare CBD in Italia fosse lecito.

Com'era prima: quando fumare CBD in Italia era (quasi) legale

Fumare CBD in Italia rientra in una zona grigia della normativa. 

La legge n.242 del 2016 aveva legalizzato la coltivazione della canapa industriale con contenuto di THC fino allo 0,2% (con tolleranza fino allo 0,6%), ma non disciplinava esplicitamente il consumo delle infiorescenze.

I limiti che esistevano prima erano chiari: la cannabis light doveva rispettare parametri precisi per essere considerata legale, sia per la coltivazione che per la commercializzazione. Il THC presente nella cannabis non doveva superare il limite dello 0,5% per essere considerato legale

Questa normativa aveva permesso lo sviluppo di un settore che contava circa 3000 aziende, 1500 imprese agricole, 800 negozi locali e più di 600 aziende nel settore della trasformazione e distribuzione. 

Molti si chiedevano già prima del decreto se fosse possibile fumare CBD in Italia, ma la risposta era sostanzialmente negativa. La legge dava la possibilità di acquistare la cannabis light per uso "tecnico" o "da collezione", ma non esplicitava la possibilità di consumarla per inalazione.

Il decreto sicurezza 2025: la svolta radicale per chi voleva fumare CBD in Italia

normativa italiana sul fumare CBD

Il Decreto-Legge 11 aprile 2025, n. 48, pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'11 aprile ed entrato in vigore il 12 aprile, ha completamente riscritto le regole per chi coltiva e distribuisce le infiorescenze di canapa industriale.

E lo ha fatto nel modo più brutale possibile: dall'oggi al domani.

A differenza di quello che succede normalmente quando un prodotto viene bandito - dove si concede un periodo per smaltire le scorte - questo decreto è entrato in vigore senza alcun tempo di adeguamento

Chi la sera dell'11 aprile era un imprenditore legale che vendeva prodotti con CBD, la mattina del 12 si è svegliato con la prospettiva di essere denunciato per spaccio di droga.

L'articolo 18 del decreto è chiaro e spietato: vieta "l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze di canapa... compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati", ma lo fa solo per le aziende italiane

Cosa è vietato ora per chi vuole fumare CBD in Italia

Praticamente niente in quanto non è cambiato assolutamente nulla per i consumatori

Non importa se il THC è sotto i limiti di legge dello 0,3% stabiliti dalla normativa europea o 0,5% per quella italiana. L'articolo 18 introduce una generalizzazione totale: vieta qualsiasi attività di produzione e commercializzazione per le aziende italiane di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, indipendentemente dal contenuto di THC.

Quindi, oggi fumare CBD in Italia derivato dalle infiorescenze è possibile ma solo se si acquistano prodotti all’estero, per le aziende italiane è vietato:

  • Coltivare infiorescenze di cannabis light;
  • Vendere infiorescenze nei negozi;
  • Trasportare infiorescenze;
  • Detenere infiorescenze per scopi commerciali;
  • Produrre oli derivati dalle infiorescenze;
  • Commercializzare resine ed estratti dai fiori.

L'unica eccezione? La possibilità di detenere le infiorescenze per la produzione di semi. 

Ma, parliamoci chiaro: è una scappatoia più teorica che pratica.

Le conseguenze economiche del divieto

I numeri dell'impatto economico fanno impressione.

Secondo lo studio di MPG Consulting, la cannabis light italiana generava 2 miliardi di impatto economico e oltre 20mila posti di lavoro a tempo pieno. 

Tutto spazzato via in 24 ore, insieme alla possibilità di fumare CBD in Italia legalmente.

Più di 30.000 lavoratori rischiano la disoccupazione.

E non parliamo solo dei famosi "CBD shop" che vendevano erba legale.

Il decreto colpisce duramente tutta la filiera agroindustriale..

Cosa rimane legale: le alternative per chi non può più acquistare CBD in Italia

Non tutto è perduto, per fortuna. Alcuni prodotti a base di cannabis restano perfettamente legali.

  • Cannabis terapeutica: Il nuovo decreto non modifica la normativa sulla cannabis terapeutica, che è stata espressamente esclusa dalle nuove limitazioni. Chi utilizza CBD per scopi medici può continuare a farlo, sempre con prescrizione medica;
  • Prodotti non derivati dalle infiorescenze: oli di CBD estratti da altre parti della pianta o dall’intera pianta (fusto, foglie, semi), cosmetici alla canapa anche con CBD, alimenti con semi di canapa, tessuti e materiali da costruzione restano tutti legali;
  • Semi e fibre: la coltivazione di canapa per la produzione di semi e fibre industriali continua a essere permessa, purché non si commercializzino le infiorescenze per fumare CBD in Italia.

Il CBD in farmacia: l'alternativa costosa per fumare CBD in Italia

Per chi utilizzava prodotti al CBD per problemi di salute, resta la strada della prescrizione medica

Ma, c'è un problema non da poco: il costo medio per un trattamento mensile standard è di circa 300 euro, considerando visite e analisi.

Prima del decreto, molte persone si trattavano acquistando prodotti di CBD online o nei negozi specializzati, spendendo molto meno. Ora questa possibilità è sparita per tutti i prodotti derivati dalle infiorescenze.

Le leggi europee vs. la normativa italiana: un contrasto evidente

prodotti CBD Crystalweed

Ecco uno degli aspetti più contraddittori della situazione: le normative europee sono molto diverse da quelle italiane. 

La Corte di Giustizia europea ha più volte stabilito che il CBD non può essere considerato uno stupefacente e che i prodotti a base di CBD devono poter circolare liberamente nell'Unione Europea.

Nel resto d'Europa, infatti, acquistare CBD era possibile. La sentenza C-663/18 della Corte di Giustizia vieta espressamente di impedire la vendita di CBD legale senza evidenze di rischio per la salute pubblica.

Gli italiani potranno continuare a comprare prodotti a base di CBD dall'estero, come consentono le norme comunitarie. Il governo, sostanzialmente, ha regalato il monopolio del mercato italiano ai produttori stranieri, mentre chi voleva comprare il CBD in Italia si trova ora in una situazione di illegalità.

Il divario con l'Europa

Mentre l'Italia vieta completamente la possibilità di fumare CBD in Italia, la cannabis legale in Europa può essere acquistata in modo più easy, grazie agli approcci più permissivi di molti paesi. Ecco quali sono:

  • Francia: permette la vendita di prodotti CBD con THC sotto lo 0,3%;
  • Germania: ha legalizzato completamente la cannabis per uso ricreativo nel 2024;
  • Spagna: consente l'uso personale e la coltivazione domestica;
  • Olanda: mantengono il sistema delle coffee shop;
  • Lussemburgo e Belgio: hanno legalizzato l'uso inalatorio della canapa industriale e l’Austria si appresta a farlo.

Le reazioni del settore e le prospettive future

Molte aziende italiane stanno già delocalizzando la produzione e la distribuzione

Molte realtà italiane hanno trasferito le operazioni in Repubblica Ceca, Francia e Lussemburgo, permettendo ai clienti di continuare ad acquistare CBD in Italia attraverso importazioni legali.

Le associazioni di settore stanno preparando ricorsi e azioni legali, inclusi ricorsi ex art. 700 c.p.c. per ottenere la sospensione cautelare.

C'è anche la questione della compatibilità con il diritto europeo. Il Parlamento Europeo ha già ricevuto un'interrogazione sulla compatibilità del decreto con la normativa UE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Conclusione

La situazione attuale è paradossale

Da un lato si dichiara di voler proteggere e rafforzare il Made in Italy, dall'altro si affossa un prodotto che lo è, rendendo impossibile acquistare il CBD in Italia.

Il Decreto Sicurezza 2025 ha trasformato migliaia di imprenditori da commercianti legali a potenziali spacciatori. Ha cancellato posti di lavoro, distrutto investimenti e regalato il mercato ai produttori stranieri.

Per chi utilizza CBD per scopi terapeutici, resta la strada della prescrizione medica, ma con costi significativamente più alti. Per chi lo usava per rilassarsi o per altri scopi non medici, le alternative sono limitate: o si rivolgono al mercato nero (con tutti i rischi che comporta) o acquistano prodotti dall'estero.

Il futuro del settore dipende ora dalle decisioni del Parlamento nei prossimi mesi e dall'esito dei ricorsi legali. Nel frattempo, chi si domanda se sia possibile fumare CBD in Italia deve sapere che la risposta, per ora, è no.

Una cosa è certa: la guerra ideologica contro la cannabis light ha vinto, ma i costi – economici, sociali e di credibilità internazionale – li pagheremo tutti. 

E chi voleva semplicemente acquistare CBD in Italia in modo legale si trova ora in un limbo normativo che favorisce solo il mercato illegale e i produttori stranieri.

crystalweed
Autore:

Il team di Crystalweed, esperti di cannabis light e prodotti con CBD.

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