Decreto Sicurezza 2025 e CBD: cosa cambia?

Approvato ufficialmente lo scorso 4 giugno, il Decreto Sicurezza ha già portato scompiglio tra imprenditori e consumatori, che si stanno chiedendo se il CBD in Italia sia ancora legale o meno. E, nel caso, come comportarsi per non infrangere la legge.
In questo articolo vogliamo dare una risposta. Spiegare, in modo semplice, cosa è cambiato con l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza in Italia. Quali prodotti sono considerati illegali e quali, invece, sono ancora autorizzati. E tutte le sanzioni previste per chi infrange la nuova normativa.
CBD e Decreto Sicurezza 2025
Spacciare la canapa per una sostanza stupefacente. Equiparare la cannabis light alla cannabis illegale in Italia.
L'articolo 18 del Decreto Sicurezza, voluto fortemente dal sottosegretario Alfredo Mantovano, va a modificare la Legge 242/2016, nata inizialmente per promuovere la filiera della canapa industriale.
In particolare, vieta espressamente l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio e il trasporto delle infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata, triturata e con un contenuto di THC inferiore allo 0,5%. Escludendo ovviamente anche la possibilità di fumare CBD in Italia.
Inoltre, il divieto mette fuori legge anche i prodotti ricavati dalle infiorescenze di canapa, compresi resine, estratti ed oli, facendo sprofondare il settore nel caos e trasformando, da un giorno all’altro, coltivatori e negozianti in criminali.
Decreto Sicurezza: quali prodotti restano fuori dal divieto?
Non tutto diventa illegale. Il nuovo decreto infatti colpisce esclusivamente i prodotti derivati dalle infiorescenze. Cosa significa?
Ad oggi, le aziende possono ancora utilizzare il CBD estratto da altre parti della pianta, come gambi, foglie, fusti e quello sintetico di laboratorio per la produzione di oli e cosmetici.
Inoltre, è permessa la coltivazione di canapa per fini industriali, tra cui: prodotti alimentari, cosmetici, ricerca scientifica, florovivaismo, fibre e produzione di semi certificati.
Sanzioni penali e amministrative: cosa rischia chi viola il Decreto Sicurezza
Per chi trasgredisce i nuovi divieti, la legge prevede l’applicazione del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90), che punisce la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti. Con pene di base che prevedono la reclusione da 6 a 20 anni ed una multa da 26mila a 260mila euro.
Ma, non finisce qui. Tra le conseguenze troviamo anche sanzioni amministrative, come la sospensione della patente di guida, della licenza di porto d’armi, del permesso di soggiorno per motivi di turismo e il divieto di conseguirli.
Insomma, una vera odissea giudiziaria che da un momento all’altro potrebbe rovinare la vita di persone che fino a poco più di un mese fa rispettavano la legge, creavano posti di lavoro e generavano un volume d’affari di 500 milioni di euro annui.
Cosa succede se vieni beccato con il CBD?
Cosa succede se vieni fermato con il CBD? Una domanda lecita, che ad oggi tiene sulle spine i consumatori, preoccupati di infrangere la neo-legge ed incorrere in problemi con le forze dell’ordine. Ma c’è una buona notizia.
Se la normativa sulla cannabis light vieta tutte le attività legate alle infiorescenze di canapa, anche con percentuali di THC irrisorie, non introduce il reato per il possesso per uso personale.
Quindi, se sei un consumatore e dovessi essere beccato con del CBD, non dovresti incorrere in nessuna sanzione. A patto che:
- La cannabis light trovata è stata acquistata regolarmente da un negozio o e-commerce certificato e autorizzato;
- Non supera lo 0,5% di THC;
- Non ha effetti stupefacenti.
Onde evitare qualsiasi problema con le autorità però, ti consigliamo di seguire questi quattro semplici passaggi:
- Conserva sempre lo scontrino, è fondamentale per assicurare la legalità dell’acquisto;
- Compra sempre da aziende certificate, che ti garantiscono delle analisi di laboratorio che assicurano l’assenza di THC nei prodotti;
- Non consumare i prodotti CBD in luoghi che possono destare l’attenzione di occhi indesiderati. Come zone pubbliche, auto ecc.;
- Non acquistare articoli non etichettati o dispensati da rivenditori non autorizzati.
Nonostante le precauzioni però, ai sensi dell’art. 75 del DPR 309/90, la polizia potrebbe ugualmente in caso di fermo e controllo sequestrare i prodotti e segnalare l’accaduto alla Prefettura. Che a sua volta dovrà verificare l’effetto drogante della cannabis light.
Cassazione: il Decreto Sicurezza rischia di essere incostituzionale
Dopo nemmeno venti giorni dall’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, la Corte Suprema di Cassazione - la più alta corte italiana che ha il compito di assicurare che le leggi vengano interpretate in modo corretto - ha già espresso apertamente il suo dissenso.
E lo fa con una relazione di 129 pagine [1] pubblicata lo scorso 23 giugno, non vincolante e senza valore di legge, che demolisce punto per punto la normativa approvata dal governo Meloni, compreso l’emendamento sulla canapa. Ma scendiamo nei dettagli.
Sull’emendamento canapa la Cassazione sottolinea sin da subito che il divieto è stato approvato “in assenza della dimostrazione scientifica che l’uso dei prodotti derivanti da piante di canapa possa provocare effetti psicotropi o nocivi sulla base dei dati scientifici disponibili e condivisi”. E questo atteggiamento potrebbe “confliggere con principi di rango costituzionale”.
Inoltre, la Cassazione ha messo nero su bianco che il decreto viola il principio dell’affidamento del privato, garantito da due articoli della Costituzione, che “impedisce al legislatore di cambiare idea, se non in maniera ragionevole”. E “il principio di libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost., provocando gravi danni economici agli imprenditori e agli operatori economici coinvolti”.
Come più volte evidenziato dall’Associazione Imprenditori Canapa Italia [2] infatti, più di 3 mila aziende rischiano di chiudere i battenti e lasciare a casa circa 15 mila persone, per motivi puramente ideologici.
A livello europeo invece, il decreto “sembra impedire la libera circolazione di una merce all’interno dell’Unione (artt. 34 e 36 TFUE) in maniera non proporzionale - non essendovi evidenze scientifiche che provino che le infiorescenze di canapa e i derivati di varietà di canapa con un contenuto di THC inferiore allo 0,3 per cento siano una minaccia per la sicurezza e la salute pubblica”.
Infine, la Corte di Cassazione fa riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 19 novembre 2020 [3] sul caso Kanavape. Una sentenza storica, in cui viene sottolineato che:
- Il CBD non può essere considerato uno stupefacente, perché privo di effetti psicoattivi;
- Non si può vietare la commercializzazione del CBD, quando prodotto legalmente in uno Stato dell'Unione.
Olio CBD stupefacente: il Tar respinge il ricorso delle associazioni
Siamo ad agosto 2023. E il Ministero della Salute, sotto la guida del Ministro Orazio Schillaci, revoca la sospensione del già famoso Decreto del 1° ottobre 2020, firmato dall’ex Ministro Speranza, che voleva inserire le preparazioni orali a base di CBD nella sezione B della tabella dei medicinali.
Una mossa subdola, che classificava a tutti gli effetti l’olio di CBD come una sostanza stupefacente, il cui acquisto avrebbe necessitato di una prescrizione medica e sarebbe stato relegato alle sole farmacie. Tagliando fuori tutte le aziende di settore.
La risposta delle associazioni di settore però non è tardata ad arrivare. Infatti, il 5 ottobre 2023, a seguito del ricorso presentato dall’Associazione Imprenditori Canapa Italia [4], il Tar del Lazio decide di sospendere il decreto fino al 24 ottobre successivo, data in cui confermerà la sua sospensione.
Arriviamo a luglio 2024, e, senza nemmeno aspettare la sentenza finale del Tar prevista per settembre, il governo decide di depositare un nuovo decreto [5], ma con lo stesso obiettivo. Inserire il CBD ad uso orale tra i medicinali stupefacenti.
Decreto che entrerà ufficialmente in vigore il 5 agosto 2024, scatenando la reazione delle associazioni di settore. “Stiamo lavorando al ricorso e lo depositeremo nei prossimi giorni”, dichiarava Raffaele Desiante di Imprenditori Canapa Italia (ICI) a DolceVita [6].
Per la terza volta di fila, l’11 settembre 2024, il Tar del Lazio decide di accogliere l’istanza cautelare e sospendere (ancora) il decreto del governo Meloni [7], che rischiava di creare enormi danni sociali ed economici al settore della canapa in Italia. Confermando la sua decisione il 23 ottobre 2024 e fissando l’udienza pubblica al 16 dicembre 2024.
Tuttavia, il 16 aprile 2025 il Tar decide di tornare sui suoi passi, pubblicando una sentenza [8] che respinge il ricorso delle associazioni di settore e inserisce ufficialmente le preparazioni orali a base di CBD nella tabella dei medicinali, sezione B.
Fonti:
- [1] Relazione della Corte Suprema di Cassazione;
- [2] Articolo di Imprenditori Canapa Italia (ICI);
- [3] Sentenza della Corte di Giustizia europea del 19.11.2020;
- [4] Il TAR accoglie il ricorso di Imprenditori Canapa Italia (ICI);
- [5] Decreto del Ministero della Salute del 24 giugno 2024;
- [6] Dichiarazione di Raffaele Desiante a DolceVita Magazine;
- [7] Il Tar del Lazio accoglie il ricorso di Imprenditori Canapa Italia (ICI);
- [8] Sentenza del Tar del Lazio del 16 aprile 2025.