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Cos'è il THC

10 Giugno 2021 alle 6:50
Tempo di lettura: 14 min

Vuoi sapere cos’è il THC e qual è il significato di questo termine.

Bene.

La pianta di canapa contiene al suo interno un centinaio di cannabinoidi, secondo quanto attestano gli studi effettuati fino ad oggi. Si tratta di componenti attivi ricchi di proprietà e tra questi i due più conosciuti sono sicuramente il CBD e il THC.

Del CBD e delle sue caratteristiche si sente parlare molto spesso ultimamente.

Invece cos’è il THC? Il suo nome esteso è tetraidrocannabinolo e si tratta della componente psicoattiva della pianta di canapa.

La marijuana è oggi illegale nella maggior parte degli Stati perché chi ne fa uso, subito dopo, avverte una sensazione di sballo. Questa è dovuta al THC, il quale si lega con un particolare recettore all’interno del sistema endocannabinoide umano conferendo una sensazione di euforia.

Ma è solo questo?

Sono diversi gli studi che hanno testato le proprietà del THC sull’organismo umano e infatti, anche in Italia, dietro prescrizione medica è possibile acquistare farmaci con un’elevata percentuale di principio attivo per il trattamento di malattie particolarmente gravi.

Sono sempre state molte le polemiche nei confronti del THC e, nonostante gli scienziati abbiano testato le sue proprietà benefiche, il THC continua ad essere visto con diffidenza.

Infatti, negli ultimi anni, si sono diffusi sul mercato prodotti con un’elevata concentrazione di CBD ma una bassa percentuale di THC. Nello specifico, la normativa italiana stabilisce che i prodotti a base di cannabis, per essere legali, devono contenere un livello di THC inferiore allo 0,5%.

Sapere cos’è il THC, in cosa si differenzia dal CBD, come interagisce con l’organismo e quali sono i suoi effetti ti aiuterà a capire quali sono i prodotti legali, quali viceversa illegali e, soprattutto, perché i legislatori di molti Stati hanno deciso così.

Ecco tutto ciò che devi sapere sul THC.

Cos’è il THC

Il tetraidrocannabinolo, meglio conosciuto con il suo acronimo THC, ha una componente chimica molto simile a quella del suo fratello CBD. Solo che, a differenza di quest’ultimo, il THC è il principio attivo responsabile della sensazione di sballo.

Secondo il National Institute on Drug Abuse, la composizione chimica del THC è simile ai cannabinoidi prodotti dal copro umano attraverso il sistema endocannabinoide, un sistema biologico da cui dipendono molte funzioni come l’umore, l’appetito, la memoria e il sonno.

I recettori dei cannabinoidi sono concentrati nel sistema nervoso centrale e periferico. Il THC si lega a un particolare recettore, il CB1, influenzando il piacere, i movimenti e il pensiero in generale. Da questo deriva una percezione falsata della realtà e una sensazione di leggerezza euforica che rende pericoloso svolgere le più normali attività quotidiane.

Sono conosciute con il nome di psicotrope o psicoattive le sostanze che alterano lo stato mentale di un individuo.

Chiaramente, affinché si verifichi un simile effetto, è necessario assumere il THC in una quantità elevata. Una piccola percentuale di principio attivo, come quella presente nei prodotti legali, non è sufficiente a produrre questo risultato.

Ora sai cos’è il THC ma non come si ottiene. Il principio attivo si trova nelle infiorescenze di canapa e viene estratto attraverso l’essicazione e il trattamento con metodi più o meno invasivi.

In conclusione, gli effetti del THC sono molteplici, sia positivi che negativi, e dipendono dal suo livello di concentrazione all’interno di un prodotto. La valutazione della sua pericolosità nei confronti dell’uomo è tutt’ora oggetto di dispute non solo scientifiche, ma anche politiche e ideologiche.

La storia del THC

Nonostante molti pensino che la scoperta della cannabis sia recente, la sua storia ha delle radici antichissime. Il primo utilizzo conosciuto risale addirittura al 2.000 a.C. quando un imperatore cinese la utilizzò per curare diverse malattie di cui soffriva. La Cina è stata infatti il primo Paese in cui la cannabis è stata scoperta per la produzione non solo di medicine ma anche di cibo e tessuti.

Ad avere familiarità con la cannabis furono anche i greci e i romani. Fu poi nel 1545 che la pianta si diffuse in Occidente dopo che gli spagnoli la importarono in Cile per coltivarla e utilizzare il prodotto finale per la produzione di sartiame e tessuti. La cannabis si è presto diffusa prima in Europa e poi negli Stati Uniti.

Tra l’800 e il ‘900 sono stati condotti diverse ricerche scientifiche per studiarne la composizione chimica e le proprietà. Il primo principio ad essere scoperto fu il CBD negli anni ’40 per merito del chimico americano Roger Adams. A scoprire il THC, in particolare, è stato il dottor Raphael Mechoulam nel 1964 presso il Weizmann Institute of Science, centro di ricerca scientifica israeliano tra i migliori al mondo.

Dopo la sua scoperta, il National Institutes of Healt ha chiesto agli scienziati di cercare eventuali effetti farmacologici isolando il THC. L’interesse iniziale scemò quando si scoprirono viceversa gli effetti psicoattivi del principio attivo, i quali trovarono una spiegazione quando a partire dal 1992 fu scoperto il sistema endocannabinoide.

I film crime hanno aiutato il THC a diffondersi?

La cinematografia ha contribuito a far conoscere alla collettività la cannabis. Sono infatti molti i film crime e i documentari, di cui diversi apparsi su Netflix negli ultimi due anni, basati su storie di uomini e donne legati alla marijuana.

Sul versante film non possiamo non citare “Blow”, la vera storia del trafficante di droga George Jung attivo tra gli anni ’70 e ’80, impersonato da Johnny Depp.

Una pellicola di questo tipo ha certamente contribuito a diffondere una certa immagine della cannabis, soprattutto quella legata al narcotraffico. Tuttavia, oggi si sta tendendo verso un’informazione molto più consapevole che vuole portare l’attenzione delle persone più verso l’aspetto legale che non quello illegale.

Un documentario di Netflix particolarmente interessante è “Grass is Greener” attraverso il quale viene studiata la marijuana legata alla musica americana.

Lo segue “Murder Mountain”, sempre su Netflix, dove la cannabis e il crimine si incontrano. È basato sulla scoperta delle fattorie di Humboldt, legali e illegali, nelle quali viene prodotto il 60% dell’erba degli Stati Uniti.

Su Netflix troviamo anche “Weed the People”. Il documentario parla di famiglie che, stanche di utilizzare medicine tradizionali inefficaci, decidono di curare i propri figli malati di cancro con la marijuana. Nel corso della pellicola viene mostrato come gli studi sui cannabinoidi abbiano eliminato persino delle cellule tumorali. Ciò che a quei genitori sembra miracolo, in realtà è scienza.

Tutti i tipi di erba che contengono THC

piantine cannabis legale Crystalweed

Dopo aver spiegato cos’è il THC, cerchiamo di capire da dove deriva. Esistono tre tipologie di cannabis e in ognuna le percentuali di CBD e di THC sono variabili. Esistono infatti varietà ad alto contenuto di THC mentre altre dove è quasi inesistente.

Scopriamo cosa contiene l’erba:

  • Sativa: la varietà più comune utilizzata per scopi industriali al cui interno è presente un livello di THC medio, compreso tra l’1 e il 5%;
  • Indica: varietà destinata alla produzione della marijuana perché è quella con la maggior concentrazione di THC, il quale arriva addirittura al 25%;
  • Ruderalis: tipologia meno conosciuta e non adatta alla produzione di marijuana in quanto contiene un livello molto basso di THC.

Quella appena fatta è una suddivisione generale. All’interno di ogni categoria esistono molte varietà di piante specifiche dove si può trovare il THC.

Tuttavia, non basta sapere cosa contiene l’erba perché, quando si parla di piante, è necessario fare un’ulteriore distinzione di genere. Le infiorescenze di canapa possono essere sia maschili che femminili, diverse nell’aspetto ma ancor di più nella produzione.

Le infiorescenze femminili producono dei fiori con una resina carica di cannabinoidi, tra cui anche il THC. Destino molto diverso invece è quello dell’infiorescenza maschile, al cui interno si trovano pochi o inesistenti livelli di principio attivo.

A volte, per la produzione di piante con un elevato THC, vengono incrociate le varietà sativa e indica da cui derivano prodotti diversi come la marijuana e l’hashish.

L’hashish cos’è?

Quando parliamo di hashish non ci stiamo riferendo a una particolare pianta, ma alla resina prodotta dalle infiorescenze. Perciò, se senti parlare di piante di hashish sappi che non è corretto perché si tratta di un prodotto delle infiorescenze.

Lo si ottiene tramite estrazione praticata direttamente sulle infiorescenze, da cui si possono ricavare due principali tipologie di hashish:

  • Charas (afgano): per estrarre questo tipo di hashish basta un metodo rudimentale che consiste nello sfregamento tra le mani delle infiorescenze femminili, attraverso il calore e la pressione la cima produce una resina che deve poi essere rimossa dalle dita e arrotolata per produrne una piccola sfera;
  • Polline (marocchino): metodo leggermente più complesso, ma non di molto, è quello per estrarre il Polline, per la quale è necessario un setaccio con cui agitare le cime per ricavare il THC sotto forma di cristalli che conferiscono al prodotto finale una concentrazione di principio attivo abbastanza elevata e pura (il polline viene poi compattato in forma di “Panetta”, nome deriva dal panetto di resina finale che ha la classica forma di un mattoncino).

I diversi metodi di produzione si differenziano anche in base alla zona. Il metodo di estrazione indiano, ad esempio, non contamina la pianta soprattutto per questioni religiose. Diversamente, il metodo olandese utilizzato a livello industriale ricorre a prodotti chimici per isolare il THC.

Pur essendo derivata dalla pianta di cannabis, l’hashish ha effetti psicoattivi proprio per la concentrazione di THC più elevata rispetto a quella che si trova nella comune marijuana. Tra le principali conseguenze dell’hashish si riscontrano eccessivo rilassamento, vertigine, sonnolenza, scarsa reattività motoria, percezioni sensoriali distorte, abbassamento della pressione sanguigna, calo della memoria a breve termine e aumento dell’appetito.

Gli effetti diventano più pesanti da sostenere con un’elevata dose di hashish, la quale può procurare tachicardia, attacchi di panico, smarrimento e nausea.

E la marijuana?

La ben nota marijuana deriva sempre dalla cannabis ma dal materiale vegetale femminile, quindi dalle infiorescenze femminili. A differenza dell’hashish che si trova nella resina dell’infiorescenza, la marijuana si ottiene tramite l’essicazione delle parti vegetaliappena citate presenti nella pianta di canapa.

Tuttavia, anche se i due composti derivano da parti differenti della pianta, in entrambi è presente il THC. La concentrazione all’interno dell’hashish è sicuramente più elevata rispetto a quella presente nella marijuana. Va comunque precisato che rispecchia la composizione della pianta madre(che può contenere più o meno THC), essendone a tutti gli effetti un prodotto diretto.

Abbiamo già anticipato il fatto che l’hashish produce un effetto più forte rispetto alla marijuana. Quest’ultima, infatti, causa euforia negli utilizzatori senza comportare gli innumerevoli effetti collaterali che abbiamo elencato per l’hashish. Va da sé che un massiccio utilizzo può portare comunque ad attacchi di panico, ansia e paranoia.

Chi la fuma parla spesso di joints (canne) e spliffs (spinelli), ma qual è la differenza tra la canna e lo spinello? Per gli americani, la canna contiene solo marijuana mentre lo spinello comprende sia marijuana che tabacco. Per gli europei, invece, spinello è spesso sinonimo di canna e non sempre contiene tabacco.

Nel parlato comune, e su molti siti web, ti potrebbe capitare di sentir parlare di cannabis legale in riferimento alla cannabis con un livello di THC compreso entro il limite legale. Diversamente, si parla di marijuana nel momento in cui questo limite viene superato e si sconfina nell’illegale. Su molti siti, infatti, viene chiamata “marijuana light” quella che presenta una bassa percentuale di THC.

Nel caso in cui si abbia a che fare con la marijuana curativa, l’infiorescenza deve essere accompagnata da un certificato in cui vengono dichiarati i livelli di CBD e THC.

Quali sono le controindicazioni del THC?

Nonostante numerosi studi scientifici abbiano testato il THC nella cura di molteplici disturbi, pare che possa anche produrre degli effetti indesiderati. Questo è precisamente il motivo per cui i governi di buona parte del mondo ne hanno limitato la percentuale all’interno dei prodotti immessi in commercio.

Il THC, come qualsiasi altra sostanza, si accumula all’interno del corpo umano. La quantità presente nell’organismo è strettamente correlata alla quantità assunta e alla frequenza. Un soggetto che fa uso di prodotti a base di THC in modo massiccio e per un lungo periodo risulterà positivo ai test per mesi. A questo deve aggiungersi il metodo di assunzione, il quale incide sull’assimilazione.

Nei consumatori poco frequenti il THC viene rilevato fino a 2-3 giorni dopo l’assunzione, mentre nei consumatori cronici viene rilevato fino a oltre 30 giorni.

Ma se il CBD e il THC hanno una composizione chimica simile, perché il primo ha solo proprietà benefiche mentre il secondo può causare degli effetti collaterali? Quali sono le controindicazioni e, soprattutto, come agisce il THC nell’organismo? Sono necessarie grandi quantità di principio attivo per scatenare una risposta negativa oppure ne bastano piccole dosi? Scopriamo come la scienza ha risposto a tutti questi interrogativi.

Il Delta-9 THC crea dipendenza?

La molecola del THC si chiama delta-9-tetraidrocannabinolo e da questa ha origine la famiglia dei fitocannabinoidi. Il motivo che ha spinto molte persone, a livello internazionale, a orientarsi verso la cannabis come rimedio naturale a svariate patologie è che pensano non sia dannosa quanto i farmaci ottenuti in laboratorio.

Ciò è in parte vero. Nel senso che le componenti presenti nella canapa, quelle che vengono estratte per poi creare i diversi prodotti oggi presenti sul mercato, sono totalmente naturali e proprio in natura lavorano in sinergia.

Diversamente, i farmaci vengono creati in laboratorio con sostanze chimiche e se hai mai letto un foglio illustrativo avrai notato quanti effetti collaterali, anche gravi, sono previsti. Inoltre, è risaputo che molti farmaci creano dipendenza.

E il THC? Anche lui crea dipendenza?

Gli scienziati, come i consumatori, si sono interrogati su questo. Secondo il National Institute on Drug Abuse, il 30% delle persone che oggi fa uso di marijuana, quindi cannabis con elevata concentrazione di THC, potrà continuare ad assumerla anche in futuro.

Nel momento in cui il cervello umano si abitua a grandi quantità del farmaco, riduce la produzione e la sensibilità ai neurotrasmettitori endocannabinoidi, secondo quanto riferito dagli esperti.

L’istituto parla tecnicamente di “disturbo da uso di marijuana” il quale, nei casi più gravi, diventa una vera e propria dipendenza. Inoltre, le persone che iniziano ad assumere marijuana prima di 18 anni, ossia quel momento della crescita in cui il cervello non è ancora del tutto sviluppato, hanno da 4 a 7 volte più probabilità di sviluppare un disturbo da uso di marijuana rispetto ai consumatori adulti.

La dipendenza si mostra con i chiari sintomi, quelli dell’astinenza, nel momento in cui il farmaco non viene più assunto. Si palesa con irritabilità, disturbi di umore, insonnia, diminuzione dell’appetito, irrequietezza e vari disagi fisici.

Cosa fa al nostro organismo il THC?

cos'è il THC

Il THC agendo sulla dopamina, neurotrasmettitore endogeno che controlla diverse funzioni umane come il movimento e il piacere, provoca euforia, aumento della pressione sanguigna e della pressione cardiaca. La dopamina regola anche il sonno e la memoria di lavoro, infatti elevate concentrazioni di THC possono causare un’eccessiva sensazione di relaxe un’alterazione della percezione temporale, oltre a un’esagerata percezione sensoriale.

In uno studio pubblicato da JAMA Internal Medicine, i ricercatori hanno dichiarato che le persone che consumano molta cannabis con elevato THC per un lungo periodo di tempo potrebbero avere un danno permanente alla memoria a breve termine.

C’è però una buona notizia. Gli scienziati hanno notato che il CBD è in grado di contrastare gli effetti collaterali di elevate concentrazioni di THC, in questo caso evitando un danno alla memoria.

Una delle principali contrindicazioni causate dal THC è la paranoia, unita a una forte sensazione di ansia. Benché il principio attivo, in piccole quantità, abbia le giuste proprietà per ridurre questo disturbo, grandi quantità possono causare l’effetto opposto.

Questa reazione si spiega sulla base degli effetti bifasici dei cannabinoidi, ossia effetti opposti in base al dosaggio. È una prerogativa peculiare dei cannabinoidi da tenere in considerazione durante l’assunzione della sostanza, negli Stati in cui questo è permesso.

La zona più sensibile al THC è ovviamente il cervello. Ma ce ne sono altre, tra cui il cervelletto, il tronco encefalico e l’ipotalamo. Nel momento in cui il THC viene fumato, il sangue lo trasporta all’interno del corpo facendo provare al soggetto in questione un intenso sballo.

Il THC è illegale in Italia

Sono diverse le normative che hanno dichiarato guerra alla marijuana. Per quanto riguarda l’Italia, la prima da prendere in considerazione è stata la Convenzione internazionale sull’oppio firmata nel 1912 all’Aia. Si tratta del primo vero trattato internazionale relativo al commercio di stupefacenti a cui hanno aderito diversi Paesi tra cui anche l’Italia.

Nel 1925 la Convenzione venne revisionata e la produzione di prodotti a base di cannabis fu permessa solamente per scopi scientifici o medici.

Nel 1961 alla Convenzione internazionale sull’oppio succedette la Convenzione unica sugli stupefacenti. Il nuovo trattato internazionale vietava produzione e fornitura di sostanze stupefacenti e di tutti i farmaci con effetti psicoattivi che non fossero stati creati per scopi scientifici o medici.

La normativa a cui dobbiamo fare riferimento oggi in Italia per tutto ciò che concerne la cannabis è la legge n. 242 del 2016, la quale ha stabilito i limiti entro cui la canapa e i suoi derivati possono essere coltivati e commercializzati a livello industriale.

All’interno di questa legge non è stato previsto un limite specifico per il CBD, mentre invece è stata stabilita una percentuale ben precisa di THC sopra la quale il prodotto diventa illegale. In particolare, la cannabis light legale è quella in cui il livello di THC non supera lo 0,5%.

Sulla questione si è pronunciata diverse volte anche la Corte di Cassazione la quale ha stabilito che, se un prodotto derivato dalla canapa rispetta i limiti fissati dalla legge, può andare in produzione.

L’unica eccezione riguarda i farmaci per la cura di gravi patologie che possono essere acquistati esclusivamente in farmacia con ricetta medica. 

I produttori hanno l’obbligo di scrivere sull’etichetta il livello di THC presente all’interno del prodotto, così da mettere il consumatore finale nella condizione di effettuare un acquisto consapevole e legale.

CBD e THC sono differenti?

cos'è il thc

Ora che abbiamo chiarito cos’è il THC, quali sono i suoi effetti e i limiti legislativi passiamo al confronto con il CBD. Le differenze tra THC e CBD sono innumerevoli ma la principale può essere riassunta nel fatto che il CBD non è classificato come sostanza psicoattiva. Prima di lanciarci a capofitto nelle differenze tra i due composti è utile, avendo già chiarito cos’è il THC, fare altrettanto con il CBD.

Il CBD è presente in grande concentrazione all’interno di alcune varietà di cannabis e, come detto in precedenza, non è classificato come sostanza psicotropa e non altera dunque lo stato psicologico di chi ne fa uso. Il CBD è dunque una sostanza del tutto legale che, come confermano numerose ricerche, sembra possedere diverse qualità benefiche per il nostro organismo.

Le differenze tra THC e CBD sono diverse, ma esistono anche punti in comune: entrambi sono cannabinoidi prodotti dalle piante di canapa e cannabis ed entrambi sono appartenenti alla famiglia dei terpeni. Hanno infatti una composizione chimica simile.

Quali sono gli effetti del CBD? Oltre ad essere antidolorifico, antinfiammatorio, anticonvulsivante, antiossidante e tanto altro, il CBD è in grado di limitare gli effetti psicotropi del THC riducendo la sua capacità di legarsi ai recettori dei cannabinoidi CB1. Risulta inoltre estremamente versatile sia dal punto di vista dei prodotti creati, dall’olio di CBD alle tisane al CBD, che nei suoi effetti benefici.

CBD:

  • Non è psicoattivo: non provoca alterazione nei consumatori;
  • Nessun effetto collaterale noto;
  • Aiuta a contrastare gli effetti psicoattivi del THC;
  • È legale nella maggior parte dei Paesi;
  • Porta ad innumerevoli benefici per l’organismo.

THC:

  • Psicoattivo: provoca alterazione nei consumatori;
  • Provoca euforia ma può avere effetti collaterali come ansia e paranoia;
  • Se assunto in dosi eccessivi genera effetti assimilabili ad una psicosi;
  • È legale per uso medico, mentre è legale per uso ricreativo solo in alcuni stati.

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Riassumendo cos’è il THC, possiamo concludere che si tratta del principio attivo psicotropo della marijuana responsabile della sensazione di sballo. Numerosi studi hanno scoperto le sue proprietà curative nei confronti del dolore, delle infiammazioni e di tante altre malattie su cui spesso i farmaci tradizionali non hanno potere.

Tuttavia, ancor più del THC, è il CBD a possedere proprietà benefiche senza essere psicoattivo. Questo è il motivo per cui il CBD è legale mentre il THC lo è solo in pochissimi Stati del mondo. Quest’ultimo, se assunto in grande quantità, può infatti provocare spiacevoli effetti collaterali, anche gravi.

In Italia possono essere commercializzati alle grandi masse solamente prodotti con un THC inferiore allo 0,5%. Di contro, nessun limite è stato indicato per quanto riguarda il CBD.

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