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A cosa serve il sistema endocannabinoide?

14 Maggio 2025 alle 3:52
Tempo di lettura: 16 min

A cosa serve il sistema endocannabinoide

Non potremmo vivere senza il sistema endocannabinoide: un sistema biologico che pochi conoscono, ma che permette al nostro organismo di funzionare correttamente. E non sto esagerando. 

Infatti, è incaricato di mantenere il nostro equilibrio interno (omeostasi). E di regolare tutte le funzioni vitali, quali: sonno, appetito, umore, dolore, infiammazione. Non è incredibile? 

E, non sapere cosa sia significa non conoscersi. Questo articolo nasce con lo scopo di aiutarti a scoprire questa affascinante parte del nostro corpo; per guidarti alla scoperta di uno dei sistemi più importanti per la nostra sopravvivenza, nella speranza che occupi presto il ruolo che meriti in ogni libro di scuola. 

In particolare, scopriremo cos’è il sistema endocannabinoide, da cosa è formato e quali sono tutte le sue funzioni

Sei pronto? Iniziamo.   

La scoperta del sistema endocannabinoide: un punto di non ritorno per la scienza

“Utilizzando una pianta che è stata in circolazione per migliaia di anni, abbiamo scoperto un nuovo sistema fisiologico di immensa importanza”. Sono queste le parole del chimico isrealiano Raphael Mechoulam, anche noto come il padre della cannabis.

Una scoperta piuttosto recente. Perché, se il THC e il CBD sono stati isolati da Mechoulam già nel 1963-1964, la conoscenza del sistema endocannabinoide (ESC) risale solamente ai primi anni ‘90. Cambiando per sempre la nostra comprensione dell’uomo e della vita in generale. 

In particolare, fu la collaborazione tra i ricercatori William Devane, Lumir Hanus, Roger Pertwee e Raphael Mechoulam nel 1992 a portare alla luce un nuovo neurotrasmettitore, poi chiamato “cannabinoide endogeno” o “endocannabinoide”. 

Endocannabinoide che i ricercatori ribattezzarono con il nome di Anandamide (AEA), da Ananda, in Sanscrito “felicità, beatitudine”. Perché si lega agli stessi recettori CB1 presenti nel cervello e sensibili al THC.   

Nel 1995, parallelamente ad un gruppo di ricercatori giapponesi, il team di Mechoulam scoprì il secondo endocannabinoide: il 2-arachidonilglicerolo, abbreviato in “2-AG”. Rispetto al primo, si lega principalmente ad un secondo tipo di recettori, chiamati CB2.

Queste rivelazioni hanno ufficialmente aperto una nuova era per la cannabis, portandola al centro dell’attenzione della comunità scientifica. Conseguente è stata la comprensione del ruolo cruciale del sistema endocannabinoide per la sopravvivenza, non solo degli esseri umani. 

Infatti, l’ESC (Endocannabinoid System) è presente anche nei pesci, rettili, vermi, sanguisughe, anfibi, uccelli e mammiferi. Praticamente, in tutti gli animali ad eccezione degli insetti. Lo schiavo marino è l’essere più primitivo in cui è stata rilevata questa “segnaletica”: si è evolluto oltre 600 milioni di anni fa.

Sistema endocannabinoide: cos’è e perché è così importante

Un complesso sistema di comunicazione tra le cellule, composto da endocannabinoidi, recettori Cb1 e Cb2 ed enzimi. Ma perché è così importante? 

Il sistema endocannabinoide ha il compito di mantenere il corpo in equilibrio (omeostasi) e di regolare tutte le sue funzioni principali:

  • dolore;
  • umore;
  • stress;
  • sonno;
  • appetito;
  • metabolismo;
  • sistema immunitario;
  • infiammazione.  

Da ciò puoi comprendere il ruolo fondamentale che svolge questo sistema biologico. Scopriamolo passo dopo passo, partendo proprio da ciò che lo compone.    

Endocannabinoidi

I cannabinoidi endogeni sono molecole di natura lipidica prodotte dal nostro organismo che registrano le variazioni delle condizioni esterne e attivano i recettori cb1 e cb2; essi sono presenti nel cervello, negli organi, nei tessuti connettivi, nelle ghiandole e nelle cellule immunitarie per innescare una risposta.

Come anticipato, i due endocannabinoidi più studiati sono l’Anandamide (AEA) e il 2-arachidonilglicerolo (2-AG). Vengono formati a partire dagli acidi grassi “su ordinazione”, in base alle necessità. Poi, una volta compiuto il proprio compito, vengono accuratamente degradati.

Per il Dott. Robert Melamede, biochimico riconosciuto come un’autorità nel settore della cannabis terapeutica,

“Gli endocannabinoidi sono attori protagonisti della capacità di equilibrio biochimico multidimensionale della vita, conosciuto come omeostasi”. 

In altre parole, queste molecole sono i messaggeri chimici principali del sistema endocannabinoide, e svolgono una funzione neuromodulatoria a livello del sistema nervoso. E sono coinvolti: 

  • Nella regolazione del dolore;
  • Nel controllo dell’umore e dello stress;
  • Nell'appetito e nel metabolismo;
  • Nella memoria e nell’apprendimento;
  • Nel sonno;
  • Nel sistema immunitario e nell’infiammazione;
  • Nella riproduzione e nella fertilità. 

Recettori CB1 e CB2

Una volta prodotti, gli endocannabinoidi si legano ai recettori presenti in tutto il corpo per attivare l’ESC e garantire il corretto funzionamento dell’organismo.

I due principali, come abbiamo accennato, sono CB1 e CB2. Ma, dove sono distribuiti?

Ovunque, letteralmente. I recettori dei cannabinoidi sono considerati tra i sistemi recettoriali più abbondanti. In modo particolare però: 

  • I recettori CB1 sono presenti soprattutto nel sistema nervoso centrale (cervello), nella corteccia, nell’ippocampo, nell’amigdala, nei gangli e nel cervelletto. In minore densità invece in cuore, polmoni, midollo osseo, testicoli, timo, utero, ovaie e cellule immunitarie;
  • I recettori CB2 sono espressi principalmente a livello periferico e sono presenti nelle cellule di ossa, milza, colon, pancreas e nel sistema immunitario

Enzimi 

Ultimi, ma non per importanza, abbiamo gli enzimi (l’ammide idrolasi dell'acido grasso, o FAAH, e la proteina monoacilglicerolo lipasi, MAGL). Essi hanno il compito di degradare gli endocannabinoidi una volta che hanno compiuto la loro funzione.

Tale passaggio è fondamentale per evitare un accumulo di cannabinoidi endogeni nell’organismo e garantire il suo equilibrio interno.  

Si può andare in carenza di endocannabinoidi? I possibili rischi

Una riduzione dei recettori dei cannabinoidi o basse concentrazioni di Anandamide e/o 2-AG; è così che si presenta una deficienza di endocannabinoidi, che può avere delle conseguenze anche gravi sulla nostra salute. Capiamolo con un esempio. 

Prendiamo il sistema immunitario umano: quando ha bisogno della febbre per sconfiggere un virus o un’invasione batterica, si accende come una fornace. 

Una volta completata l’operazione, è la segnaletica endocannabinoide ad “abbassare la fiamma”, raffreddare la febbre, e ristabilire l’omeostasi.  

Infatti, è proprio questo il lavoro dei cannabinoidi, che siano endogeni, della pianta di cannabis o sintetici.

Quello di “raffreddare” letteralmente il corpo. 

Cosa succederebbe se il sistema endocannabinoide fosse fuori controllo? Se il pilota accendesse fuochi troppo alti o il sistema immunitario reagisse in modo troppo eccessivo?

Che sia per una dieta non equilibrata, la mancanza di sport, l’ambiente esterno o fattori generici, i deficit da endocannabinoidi sono associati ad una ridotta capacità o ad una totale incapacità di adattarsi allo stress di natura cronica.  

Lo stesso Ethan Russo, neurologo e ricercatore nel campo della cannabis terapeutica, ha per primo ipotizzato che la “deficienza clinica da endocannabinoidi” possa essere correlata a:

  • emicrania;
  • fibromialgia;
  • sindrome dell’intestino irritabile (IBS);
  • un gruppo di condizioni funzionali che possono essere trattate con la cannabis medica. 

A tal riguardo anche una carenza di enzimi è da non sottovalutare. Infatti, come dimostrato da alcune ricerche, questa condizione potrebbe impattare negativamente sulle gravidanze. 

In particolare, nello studio pubblicato nel 2002 sulla Oxford Academy, si è visto che una deficienza di FAAH e un conseguente aumento di Anandamide, era collegato ad una minore possibilità di portare avanti una gravidanza. Inoltre, aumentava il rischio di aborti spontanei.   

A cosa serve il sistema endocannabinoide: tutte le funzioni

È tra i sistemi più importanti del nostro corpo. Come abbiamo visto, il sistema endocannabinoide gioca un ruolo fondamentale per la sopravvivenza, perché mantiene l’omeostasi e regola le principali funzioni dell’organismo. Quali di preciso?    

Regolazione del dolore

“Il sistema endocannabinoide è implicato nella modulazione del dolore”. Sono queste le conclusioni dello studio condotto dal Dipartimento delle Scienze Biomediche dell’Università di Aberdeen, Regno Unito. 

In particolare, è stato notato che attivando i recettori CB1 e CB2, gli endocannabinoidi AEG e 2-AG vantano degli effetti analgesici, dovuti anche alla stimolazione di altri sistemi di neurotrasmissione come:

  • la noradrenalina;
  • la serotonina;
  • i sistemi di natura peptidica (orexine e endorfine);
  • il sistema purinergico (adenosina).

Ad ogni modo, i mediatori più modulati dai cannabinoidi restano:

  • il glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale (SNC);
  • GABA, il principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC.

Cosa succede in caso di lesione?

Il livello di endocannabinoidi aumenta, sia localmente, all’altezza dell’infiammazione, che in altre aree coinvolte nella trasmissione del dolore.

Questa è la prima risposta antidolorifica attuata dal nostro organismo, e ha due obiettivi:

  • inibire i nervi che stanno inviando i segnali di dolore, in maniera tale da ridurre la percezione dolorosa prima che arrivi al cervello;
  • attivare i mediatori antinfiammatori per limitare i danni nella zona colpita.    

Appetito e metabolismo

Sono numerose le ricerche che hanno evidenziato come il sistema endocannabinoide agisca sul sistema grelina/leptina, deputato di regolare il senso di appetito e la “fame omeostatica": la fame vera che nasce dal bisogno di assumere nutrienti. 

In particolare, la grelina e la leptina sono due ormoni prodotti dallo stomaco e dalle cellule adipose in risposta alle esigenze metaboliche dell’organismo. 

Una volta raggiunto l’ipotalamo, la regione del cervello che garantisce l’equilibrio energetico, queste due sostanze regolano l’appetito svolgendo azioni opposte. 

La produzione di grelina raggiunge il suo picco a digiuno, stimolando la fame, mentre la leptina, prodotta subito dopo aver mangiato, induce sazietà

Come notato da uno studio pubblicato nel 2008 su Plos One, l’attivazione del recettore CB1 nel sistema gastrointestinale incrementa il rilascio di grelina nello stomaco, amplificando così il senso di fame. 

Allo stesso modo, si è visto che la presenza di grelina aumenta i livelli di endocannabinoidi nell’ipotalamo, promuovendo l’appetito. Al contrario, bloccando il recettore CB1 in questa regione del cervello si riduce l’effetto oressizzante della grelina.

Un altro studio pubblicato nel 2001 su Nature dal Professore Vincenzo di Marzo, coordinatore dell’Endocannabinoid Research Group in Campania, ha evidenziato che uno dei meccanismi principali alla base del food intake (l’assunzione di cibo) è regolato dalla relazione tra la leptina e i livelli di endocannabinoidi nel cervello. 

In particolare, la concentrazione di leptina nell’ipotalamo dopo aver mangiato raggiunge il suo picco massimo, provocando una riduzione degli endocannabinoidi e diminuendo il senso di fame

Sazietà che, in presenza di un antagonista del recettore CB1, non viene avvertita. Indicando, ancora una volta, come gli endocannabinoidi attraverso l’attivazione di CB1 siano in grado di regolare l’appetito. 

Sistema immunitario

Come visto precedentemente, una delle funzioni più importanti del sistema endocannabinoide è la regolazione del sistema immunitario. 

A confermarlo è uno studio pubblicato nel 2011 e disponibile su PubMed, che ha esaminato “i meccanismi di regolazione della risposta immunitaria da parte degli endocannabinoidi, che includono la modulazione della risposta immunitaria in diversi tipi cellulari, l'effetto sulla rete di citochine, l'induzione dell'apoptosi nelle cellule immunitarie e la down regulation della risposta immunitaria innata e adattativa”.

Le conclusioni della ricerca non lasciano spazio a dubbi. “Gli endocannabinoidi (AEA e 2-AG) mostrano complessi effetti regolatori sul sistema immunitario e possono quindi essere considerati potenti immunomodulatori”.

Memoria e apprendimento

“Attraverso i recettori dei cannabinoidi CB1 e CB2, il sistema endocannabinoide è direttamente e indirettamente coinvolto in numerose funzioni fisiologiche, in particolare nei processi di memoria e apprendimento”.

È questa la sicurezza da cui parte la revisione pubblicata nel 2016 su Molecular Neurobiology, che ha indagato il legame tra l’ESC e i processi cognitivi. 

Come si legge dall’astratto però, “gli effetti dei cannabinoidi sulla cognizione sono stati contraddittori”. Inoltre, “i composti sono stati in grado di compromettere o migliorare le diverse fasi dei processi mnesici”.

Da cosa è dipeso?

Dal tipo di cannabinoide utilizzato, dal dosaggio e dalla via di somministrazione, nonché dal “compito mnemonico scelto”. 

Sono numerose le ricerche scientifiche che hanno confrontato gli effetti di THC e CBD, arrivando sempre a conclusioni simili; se il primo (THC) potrebbe impattare negativamente sui processi di attenzione, il secondo (CBD) può migliorare la memoria e la concentrazione.

Per approfondire: Sapevi che il CBD aiuta a migliorare la memoria e la concentrazione in modo naturale?  

Ansia e stress

Più un fenomeno che causa stress è presente nella nostra quotidianità, più ci sono possibilità di sviluppare un disturbo d’ansia. È questo il legame tra ansia e stress. Ma, cosa c’entra il sistema endocannabinoide?

Lo spiega uno studio statunitense, che è partito da una consapevolezza: le aree cerebrali coinvolte sono l’amigdala, iper-attivata in condizioni di stress, e la corteccia pre-frontale, impegnata ad elaborare i comportamenti cognitivi complessi.

A collegare l'amigdala con la corteccia pre-frontale è proprio l’endocannabinoide 2-AG, la cui espressione è limitata in caso di stress,  promuovendo gli stati d’ansia. 

Quindi, gli autori hanno dimostrato che lo stress porta ad un “collasso” dell’attività di 2-AG tra l’amigdala e la corteccia pre-frontale. Tale processo, se prolungato nel tempo, può sfociare in comportamenti ansiosi. Come rimediare?  

Secondo Livio Longo, Professore di farmacologia presso l’Università della Campania Luigi Vanvitelli,

“dallo studio si evince che alcuni componenti della cannabis potrebbero essere utilizzati in determinati stati d’ansia. Un esempio in questo senso è dato dal cannabidiolo (CBD), principio attivo molto utilizzato per il trattamento di sintomatologie associate a stati d’ansia”. 

A tal riguardo, gli studi che hanno evidenziato i poteri ansiolitici del CBD sono sempre di più. Essi hanno dimostrato come sia efficace nel ridurre notevolmente i livelli e i sintomi dell’ansia nelle persone. 

Sonno

Il sistema endocannabinoide e i cicli sonno-veglia sono strettamente connessi l’uno con gli altri. Il primo studio a dimostrare questo legame è stato pubblicato nel 2001, evidenziando come i componenti dell’ESC siano regolati dai ritmi circadiani e viceversa. 

Per tale motivo, recentemente la cannabis si è distinta per essere un valido rimedio naturale per trattare i disturbi del sonno, senza il bisogno di ricorrere ai farmaci tradizionali.

Soprattutto il CBD, secondo i risultati di numerosi studi scientifici, se assunto 30 minuti prima di andare a dormire sotto forma di olio di CBD può:

  • Diminuire il tempo necessario per addormentarsi;
  • Migliorare la qualità del sonno;
  • Ridurre i risvegli notturni, per un riposo intenso e rigenerativo;
  • Ripristinare il nostro ciclo sonno-veglia, così da garantire dei risultati duraturi anche sul lungo periodo. 

Se ti interessa questo argomento puoi approfondire con questi articoli:

Sistema nervoso

Il lavoro del sistema endocannabinoide nel sistema nervoso centrale (SNC) è stato chiarito da una revisione dell’Università della Sapienza di Roma. In essa viene sottolineato che l’ESC “ha la capacità di controllare il rilascio di diversi neurotrasmettitori, modulando così l’attività sinaptica”.  

Tale attività è stata valutata in diversi studi preclinici. Risulta essere coinvolta in una serie di processi fisiologici, come “la regolazione degli assi neuroendocrini, l’assunzione di cibo, i fenomeni della ricompensa e della gratificazione, l’immagazzinamento e l’estinzione di ricordi, la modulazione delle emozioni e il neurosviluppo”.

Inoltre, a seguito di queste scoperte, i ricercatori hanno ipotizzato che un’alterazione dell’ESC può essere alla base di alcuni disturbi psichiatrici, quali: disturbi d’ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, dipendenza e schizofrenia.

Fertilità e riproduzione

Il ruolo del sistema endocannabinoide per la salute e la fertilità dell’apparato riproduttivo sia negli uomini che nelle donne non è più un mistero, grazie alle numerose ricerche condotte fino ad oggi e racchiuse in parte in questo articolo pubblicato su Kalapa Clinic. Andiamo ad approfondire l’argomento. 

Nell’apparato di riproduzione femminile, la presenza dell’endocannabinoide AEA e di FAAH (un enzima) è stata notata negli ovari, negli ovidotti, nell’endometrio e nel miometrio.  

In particolare, il “sistema endocannabinoide è stato individuato durante i processi di follicologenesi, di maturazione degli oociti e delle secrezioni endocrine delle ovaie, durante il trasporto dell’embrione negli ovidotti, l’impiantazione e durante la decidualizzazione e la placentazione dell’utero”.

ESC che risulta fondamentale anche durante la fecondazione. Infatti, non appena gli spermatozoi vengono rilasciati nella vagina, nuotano dalla cervice all’ovidotto, attivando i recettori CB1 e CB2. 

Il CB1 produce cellule immobili, mentre il CB2 rallenta la motilità dello sperma. Due condizioni necessarie per assicurare la presenza di abbastanza sperma idoneo al momento dell’ovulazione. 

Continuando il nostro viaggio, quando lo sperma e l’ovulo si incontrano nella zona centrale delle tube di falloppio, una diminuzione del AEA agevola il passaggio per raggiungere l’impianto nell’utero.

Invece, livelli stabili di AEA durante i primi mesi della gravidanza sono necessari per assicurare il decorso della gravidanza stessa. Infatti, come notato da diversi studi, livelli uterini di anandamide troppo alti o troppo bassi sono collegati ad un rischio di maggiore di aborti spontanei.  

Il sistema endocannabinoide è anche presente nei testicoli dell’apparato riproduttivo maschile: il recettore CB2 si è rivelato particolarmente importante nelle fasi mitotiche e meiotiche della spermatogenesi. 

Infine, secondo diversi studi preclinici, prima dell’eiaculazione, lo sperma potrebbe acquisire una motilità ridotta nel caso fosse presente un disturbo del CB1. 

Esercizio fisico

La sensazione di euforia e di benessere che si percepisce dopo un’attività fisica intensa è nota come lo “sballo del corridore”

Si tratta di una sensazione che da sempre è stata associata al rilascio di oppioidi endogeni, come le endorfine, fino ad un’analisi più approfondita condotta dai ricercatori del Centro Medico Universitario Hamburg-Eppendorf e pubblicata su Psychoneuroendocrinology

Tale studio ha coinvolto 63 partecipanti che hanno sperimentato un aumento dell’euforia e una diminuzione dell’ansia dopo 45 minuti di corsa. La scoperta è stata che non erano le endorfine a provocare lo “sballo del corridore”, bensì gli endocannabinoidi

In particolare, dalle analisi sono emersi livelli più alti di AEA (Anandamide) e 2-AG, che hanno mimato gli effetti della cannabis e sono abbastanza piccoli per attraversare la barriera ematoencefalica, influenzando il sistema nervoso centrale. 

Termoregolazione

Come abbiamo evidenziato diverse volte durante questo articolo, il sistema endocannabinoide è ben presente nell’ipotalamo. Tale presenza può anche impattare sulla regolazione della nostra temperatura corporea.

A fare chiarezza su questo punto è uno studio pubblicato nel 2023, che parte da una domanda fondamentale: “Se l'ipotalamo regola la temperatura corporea e il sistema endocannabinoide contribuisce a questa regolazione, come interagiscono questi due?”.

La conclusione è che alcuni fitocannabinoidi della cannabis possono abbassare o alzare la temperatura, soprattutto in base al tipo e al dosaggio. Infatti, “Dosi elevate possono provocare ipotermia (meno calore), mentre dosi basse possono provocare ipertermia (più calore)”.

Inoltre, si è anche visto che mediante l’interazione dei recettori CB1 con i neurotrasmettitori GABA e la dopamina presenti nell’ipotalamo, “gli endocannabinoidi del nostro corpo svolgono un ottimo lavoro nel regolare la temperatura e nel mantenere l'omeostasi, evitando che si surriscaldi troppo o si raffreddi troppo”.      

Il sistema endocannabinoide negli animali: tutto ciò da sapere

La cannabis è un valido rimedio naturale sia per noi che per i nostri amici a quattro zampe. Il motivo è lo stesso, cioè che anche gli animali hanno un sistema endocannabinoide. Esso regola:

  • risposta vascolare;
  • appetito;
  • funzione endocrina;
  • sviluppo cerebrale;
  • fertilità e funzioni sessuali;
  • equilibrio energetico;
  • sistema immunitario;
  • funzione cognitive;
  • percezione del dolore;
  • controllo motorio. 

A differenza dell’ESC umano, in quello delle altre specie cambia la distribuzione dei recettori dei cannabinoidi, che si trovano in maggiore quantità all’interno del cervelletto e del tronco encefalico.

In particolare, CB1 è presente soprattutto in: cervello, apparato digerente, organi riproduttivi, fegato, pancreas, stomaco, polmoni, muscoli, cuore, ossa, pelle e milza. 

Invece il CB2 si trova principalmente nel: sistema immunitario, apparato digerente, pancreas, stomaco, cuore e ossa.

Conoscere in quali organi sono presenti CB1 e CB2 è fondamentale per sfruttare al meglio il potenziale terapeutico della cannabis, che viene sempre più utilizzata per la cura degli animali domestici.

CBD per cani e gatti: i benefici che non conoscevi

Sebbene la ricerca scientifica in questo campo sia ancora in fase iniziale, ci sono numerosi report in letteratura che testimoniano l’uso della cannabis in veterinaria. Anche in Italia viene promosso dagli stessi veterinari che lo stanno consigliando per il trattamento di numerose condizioni. 

Il CBD nei cani, ad esempio, può essere un valido aiuto per:

  • alleviare ansia e stress: soprattutto in situazioni stressanti quali temporali, viaggi in auto e separazione dagli amici umani;
  • ridurre il dolore e l’infiammazione: in caso di artrite, lesioni o interventi chirurgici;
  • un sonno profondo: aiuta il cane ad addormentarsi, migliora la qualità del sonno e riduce l’insonnia;
  • l’alimentazione: problemi di appetito? Il CBD può stimolare il senso di fame nei cani, messo a dura prova da nausea o altre condizioni;
  • l’epilessia: come un valido rimedio ai farmaci convenzionali per ridurre le convulsioni;
  • supportare il sistema immunitario e proteggerlo da malattie e infezioni;
  • migliorare la qualità della vita in generale, soprattutto dei cani anziani e affetti da patologie croniche.

Come somministrare il CBD nei cani? La via più efficace resta quella per via orale, mediante un olio di CBD studiato appositamente per gli amici a quattro zampe. Il consiglio resta sempre quello di scegliere un prodotto naturale e di alta qualità, che possa realmente supportare il suo benessere.

Generalmente meno rumoroso dei cani, l’animale domestico per eccellenza è il gatto. Come può aiutarlo il CBD? Secondo le più recenti evidenze scientifiche lo aiuta a:

  • gestire ansia e stress e migliorare il benessere emotivo;
  • mitigare dolore e infiammazione;
  • ridurre la frequenza e la gravità delle crisi epilettiche, migliorando la qualità della vita dei felini affetti da questa condizione;

La somministrazione più valida resta la stessa che abbiamo visto per i cani. Quindi, il modo più efficace per far assumere il CBD ai gatti è un CBD Oil pet veterinario

Prodotti consigliati

Prima di concludere questo paragrafo ci teniamo a fare una puntualizzazione. Se gli studi stanno dimostrando che i cannabinoidi possono essere d’aiuto per i nostri animali domestici, l’importante è sempre prima rivolgersi ad un veterinario specializzato che possa guidarci nel dosaggio più adatto alle sue esigenze.            

CBD e THC: come interagiscono con il sistema endocannabinoide

Come i cannabinoidi endogeni, anche i fitocannabinoidi (presenti naturalmente nella cannabis) possono attivare il nostro sistema endocannabinoide. Ed è in questo legame che vanno ricercate le potenzialità terapeutiche della cannabis. 

Infatti, attivando i recettori CB1 e CB2, i cannabinoidi della cannabis possono interagire direttamente con il sistema endocannabinoide e rappresentare un’opportunità nel trattamento di diverse condizioni e patologie che spesso non rispondono ai farmaci convenzionali. Ma, come avviene questa interazione? 

Mediante il THC e il CBD: i principi attivi più abbondanti nella pianta di cannabis.

La differenza è che il THC si lega direttamente ai recettori CB1 e CB2 mimando l’Anandamide, mentre il CBD agisce indirettamente sul sistema endocannabinoide, producendo un effetto modulatore

In pratica, se si dovesse verificare uno squilibrio o uno scompenso dell’ESC, il CBD può agire per supportare e regolare il sistema endocannabinoide. In questo modo può promuovere, anche se in modo indiretto, il nostro equilibrio interno.    

Il sistema endocannabinoide o la pianta di cannabis: cos’è nato prima?

Concludiamo questa guida con una domanda che non poco ha destato la mia curiosità: è nato prima il sistema endocannabinoide o la pianta di cannabis

A fornirci la risposta è stato il Dott. John McPartland, medico, fitochimico e ricercatore della cannabis dai primi anni ’80:

“Confrontando la genetica dei recettori cannabinoidi in specie diverse, stimiamo che il Sistema Endocannabinoide si sia evoluto in animali primitivi oltre 600 milioni di anni fa. Questa antica segnaletica interna esisteva molto prima che la cannabis apparisse sulla Terra, quando le forme più complesse di vita erano le spugne”. 

Raffaele Migliucci
Autore:
Raffaele Migliucci

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