Perdita di memoria, ritardo nel linguaggio, difficoltà nel fare conteggi semplici e senso di smarrimento sono alcuni dei sintomi più comuni del morbo di Alzheimer, una malattia neurodegenerativa che interessa oltre 55 milioni di persone nel mondo.
La demenza di Alzheimer è la forma più diffusa di demenza e riguarda circa il 60-80% dei malati.
Il morbo di Alzheimer evolve in maniera progressiva, e la sua progressione viene suddivisa in tre fasi, a seconda della gravità dei sintomi. La perdita di memoria a breve termine è una delle prime avvisaglie della malattia che, nel tempo, si esprime con diversi altri sintomi di tipo cognitivo e fisico.
Attualmente non si conoscono con esattezza le cause della malattia di Alzheimer, ma si ha una panoramica dei fattori di rischio. L’età avanzata è il maggiore di essi, a cui vanno ad aggiungersi la familiarità, la genetica, il genere e lo stile di vita. Le persone più colpite sono gli over 65, ma esistono moltissimi casi di Alzheimer precoce (si tratta di almeno il 5-10% dei casi di Alzheimer).
Gli studiosi prevedono un aumento notevole dei casi di Alzheimer nel corso degli anni, a causa dell’allungamento della vita media delle persone.
Per il momento non ci sono cure per la malattia e l'aspettativa di vita di un malato di Alzheimer è di massimo dieci anni. Abbiamo a disposizione solamente trattamenti per alleviare i sintomi momentaneamente che non hanno effetti sulla patologia.
Esistono anche diversi rimedi naturali per trattare i sintomi dell’Alzheimer, che includono vitamine, olio di CBD, ginkgo biloba e ginseng. Queste sostanze impediscono l’ossidazione delle cellule e svolgono una funzione neuroprotettiva che può ritardare il peggioramento dei sintomi. L’olio di CBD è molto noto e utilizzato dai medici, ma non tutti conoscono le sue proprietà positive nelle malattie neurodegenerative.
Ma andiamo a scoprire qualcosa in più sulla demenza di Alzheimer e sui trattamenti naturali possibili per migliorare la qualità di vita dei malati.
Cos’è il morbo di Alzheimer?
Riconosciuto come una delle cause più comuni della demenza, il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che porta gradualmente alla morte delle cellule nervose. In particolare, colpisce le aree del cervello deputate alle funzioni cognitive, responsabili della memoria, delle abilità sociali e dell’apprendimento.
Non a caso, tra i primi sintomi della malattia di Alzheimer c’è proprio la perdita della memoria a breve termine.
In genere, si manifesta intorno ai 65 anni di età, ma esistono anche casi di Alzheimer giovanile, detto anche Alzheimer a esordio precoce, che interessano persone tra i 30 e i 60 anni.
La malattia ha un andamento progressivo che segue diverse fasi, ma in ogni paziente ha un’evoluzione personale secondo i propri tempi. La demenza inizia, quindi, con problemi di memoria, alterazione del linguaggio, deficit cognitivi, difficoltà a rispondere agli stimoli ambientali. In seguito alla diagnosi, si stima che un malato sopravviva dai 3 ai 10 anni, anche se l’esito è determinato da diversi fattori.
Origini e storia del morbo di Alzheimer
Descritto per la prima volta da Alois Alzheimer nel 1906, il morbo di Alzheimer deve il suo nome proprio al medico tedesco che ne parlò per la prima volta.
Neuropatologo e psichiatra, il dottor Alzheimer notò dei sintomi anomali in una donna anziana, come perdita di memoria, difficoltà a portare avanti una conversazione, variazioni del comportamento.
In seguito al decesso della paziente, il medico esegui l’autopsia sul suo cervello, notando delle peculiarità nella struttura.
In particolare, descrisse dei grumi e dei grovigli di fibre che, con il tempo, sono stati classificati come placche amiloidi e fasci neurofibrillari.
La malattia descritta da Alzheimer prese il suo nome nel 1910, proprio in virtù delle preziose informazioni raccolte.
Epidemiologia del morbo di Alzheimer
La malattia di Alzheimer è la più comune forma di demenza e interessa circa il 60-70% delle persone affette da demenza. Secondo le stime rilasciate dal World Health Organization, nel 2019 le persone che vivevano con la demenza erano intorno ai 55 milioni. Le previsioni, tuttavia, sono estremamente negative: l'aumento delle aspettative di vita, infatti, porterà ad una progressiva crescita dei malati di Alzheimer. Tra l'altro sembra che questi numeri non siano nemmeno rappresentativi, poiché si stima che circa il 75% delle persone affette da malattia di Alzheimer o da demenza non abbia avuto nemmeno una diagnosi.
L’aumento dei casi di Alzheimer è notevole anno per anno: secondo l’OMS i casi di demenza, in genere, salgono di dieci milioni di unità ogni anno e, di essi, tra i sei e i sette milioni sarebbero casi di Alzheimer.
In generale, l’esordio della malattia di Alzheimer si registra in pazienti con oltre 65 anni, elemento che fa associare la patologia all’invecchiamento. Nonostante la maggior parte dei casi riguardi persone in età avanzata, come abbiamo già anticipato, ci sono anche casi di Alzheimer giovanile o Alzheimer a esordio precoce. Nel conteggio dei casi, l’Alzheimer giovanile interessa solo il 5-10% dei malati, ma si tratta comunque di numeri importanti.
Proprio recentemente è uscita la notizia di un caso di Alzheimer in età precoce. Si tratta di un ragazzo cinese di 19 anni che, già da un paio d’anni, presenta i sintomi della malattia.
La vita dei malati di Alzheimer è compromessa dalla patologia che, in pochi anni, conduce alla morte. L'aspettativa di vita è più alta nei casi di Alzheimer giovanile.
E in Italia quanti sono i malati di Alzheimer?
I dati più recenti forniti dall'Istituto Superiore di Sanità risalgono al 2018, quando le persone affette da demenza erano circa un milione e centomila, di cui circa il 60-70% malate di Alzheimer.
Quali sono le cause della malattia di Alzheimer?
Gli scienziati non sono ancora riusciti a comprendere le cause del morbo di Alzheimer. La malattia coinvolge principalmente il sistema nervoso centrale ed è per questo che risulta complicato rintracciare le cause della malattia.
In linea generale, sono stati riscontrati dei problemi a livello delle proteine cerebrali a causa dei quali i neuroni non funzionano come dovrebbero.
Come abbiamo anticipato, la malattia di Alzheimer colpisce in particolare il cervello a partire dalle aree che controllano la memoria, per poi estendersi ad altre zone. Sembra che la ridotta funzionalità del cervello possa essere ricondotta a placche e grovigli, formatisi in seguito alla scarsa funzionalità delle proteine Beta-amiloidi e delle proteine Tau.
In particolare, la proteina Beta amiloide sarebbe responsabile della formazione delle placche amiloidi: la Beta amiloide rappresenta solo una piccola parte di una molecola più estesa; i grumi si formano in seguito all'aggregazione delle Beta amiloidi e, man mano vanno a formare le cosiddette placche amiloidi. La loro azione è talmente intensa da provocare un blocco nella comunicazione tra neuroni.
Le proteine Tau, invece, vanno a formare dei grovigli che prendono il nome di grovigli neurofibrillari. La presenza di tali strutture impedisce l'apporto di nutrienti essenziali alle cellule cerebrali.
A causa di questi processi, le cellule cerebrali smettono di funzionare come dovrebbero, non riescono più a comunicare tra loro e si innesca uno stato neuroinfiammatorio cronico, a causa del quale finiscono col perdere la loro vitalità.
Se questi possono essere considerati i processi di base della malattia di Alzheimer non è però ancora del tutto chiaro il meccanismo che porta allo sviluppo della malattia. Gli studiosi ritengono che la malattia di Alzheimer sia multifattoriale, ossia venga provocata dalla combinazione di fattori genetici, familiarità, stile di vita, alimentazione, ambiente ed esposizione a sostanze tossiche.
L’esordio precoce del morbo di Alzheimer come avviene?
Abbiamo già visto che tra il 5 e il 10% dei casi di Alzheimer riguarda persone al di sotto dei 65 anni. Lo sviluppo dell'Alzheimer in età precoce è riconducibile in particolare a familiarità e genetica; a differenza della forma di Alzheimer classica, infatti, gli studiosi ritengono che questi fattori abbiano un’incidenza superiore nell’Alzheimer giovanile.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato che 6 malati in età giovanile su 10 hanno altri casi di Alzheimer tra i propri familiari. In alcuni casi, si parla addirittura di mutazione genetica.
Nonostante ciò, esistono comunque moltissimi casi di Alzheimer precoce indipendente da fattori genetici o familiari.
Chi ha più probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer?
Le persone più colpite dalla malattia di Alzheimer sono gli over 65, che rappresentano il 90% dei casi. Sembra che questa forma, definita sporadica, non abbia implicazioni genetiche ma possa essere collegata alla familiarità. Dai 65 anni in poi, il numero dei malati di Alzheimer raddoppia ogni cinque anni.
La forma prettamente familiare, al contrario, è quella giovanile, che riguarda il 10% dei pazienti al di sotto dei 65 anni di età.
Oltre alla predisposizione genetica e alla familiarità, però, la probabilità di sviluppare l’Alzheimer è influenzata da diversi fattori di rischio esogeni ed endogeni.
I soggetti più a rischio, dunque, sono gli anziani che hanno un maggior numero di possibilità che si sviluppi la malattia andando avanti con gli anni. Tra i due sessi, le donne sono quelle più esposte alla malattia, a causa degli ormoni e perché vivono più a lungo rispetto ai maschi.
Le persone affette da sindrome di Down tendono a sviluppare il morbo di Alzheimer che, generalmente, si manifesta in anticipo rispetto agli altri malati.
I traumi alla testa, in particolari quelli gravi e multipli, possono portare alla comparsa della malattia.
Lo stile di vita, l’alimentazione, patologie come il diabete o le malattie cardiovascolari possono aumentare il rischio di sviluppare la malattia.
Fattori di rischio
Come abbiamo anticipato, non si conosce la causa precisa del morbo di Alzheimer ma sono stati individuati una serie di fattori scatenanti, quali:
- età: la probabilità di sviluppare la malattia è molto più elevata dopo i sessantacinque anni e aumenta ancora ogni cinque anni. Questo, innanzitutto, perché invecchiando cambia la struttura dei neuroni; inoltre, le cellule tendono a danneggiarsi in maniera irreversibile senza che l’organismo riesca a ripararle.
- Familiarità e predisposizione genetica: la familiarità e la genetica possono favorire la comparsa della malattia.
- Sesso: le donne sono più predisposte a sviluppare la malattia di Alzheimer, sia perché vivono di più che per l’azione degli ormoni.
- Stile di vita: lo stile di vita è uno dei fattori che possono essere assolutamente tenuti sotto controllo. Riguarda la sedentarietà, abitudini alimentari errate, il vizio del fumo o l’esposizione al fumo passivo. Nello stile di vita sono comprese anche patologie come l’ipertensione, il colesterolo e il diabete di tipo 2.
- Sindrome di Down: l’alterazione dei cromosomi tipica della sindrome di Down predispone anche all’Alzheimer.
- Compromissione cognitiva lieve: chi avverte un declino della memoria e delle capacità cognitive prematuro rispetto alla norma è più incline a sviluppare la malattia.
- Traumi alla testa: gli infortuni alla testa, soprattutto se gravi, aumentano il rischio di demenza.
- Inquinamento ambientale: l’esposizione a sostanze tossiche o inquinanti favorisce la comparsa della demenza. Tra le sostanze peggiori ci sono i gas di scarico e i fumi prodotti da stufe e caminetti.
- Consumo di alcol: sembra che l’alcol possa anticipare la comparsa dei sintomi, divenendo uno dei fattori di rischio della malattia di Alzheimer in età precoce.
- Scarsità di sonno: il riposo è basilare per il funzionamento del cervello e per mantenere la lucidità. L’insonnia aumenta il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer.
Scopriamo i sintomi.
Quali sono i sintomi del morbo di Alzheimer?
Il morbo di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che si evolve nel tempo in senso negativo; in genere, l’evoluzione del morbo viene descritta per fasi a seconda della gravità dei sintomi.
Gli stadi individuati sono tre, ovvero:
- fase iniziale dell’Alzheimer, in cui si manifestano i primi sintomi;
- fase intermedia dell'Alzheimer, durante la quale le manifestazioni si fanno più pesanti;
- fase avanzata o finale dell'Alzheimer, dove il malato non è più gestibile.
Nella fase iniziale i sintomi sono molto lievi, al punto di passare quasi inosservati.
Il malato ha piccole dimenticanze e deficit cognitivi, perde il senso della lettura e della scrittura, fatica a ricordare i nomi delle persone e degli oggetti noti.
In particolare, i sintomi iniziali dell’Alzheimer sono:
- episodi di perdita della memoria a breve termine;
- difficoltà a svolgere gesti semplici e abituali;
- comportamento instabile;
- perdita di lucidità;
- ripetizione di parole o racconti;
- difficoltà nelle attività cognitive semplici (calcoli, scrittura);
- reattività minima.
Nella fase intermedia dell'Alzheimer, i sintomi diventano più marcati, soprattutto per quanto riguarda la memoria e il linguaggio.
In questo secondo stadio, la sintomatologia comprende:
- perdita di memoria, anche a lungo termine;
- perdita di controllo sulle funzioni cognitive elementari, come il calcolo, la scrittura, il ragionamento;
- disturbi a livello emotivo, ansia e depressione;
- il paziente può manifestare forte nervosismo, ossessività e aggressività;
- paranoia e manie di persecuzione;
- disorientamento;
- problemi con l’udito;
- insonnia o sonno agitato.
La terza fase viene anche definita stadio finale, in cui i sintomi raggiungono il culmine e il paziente non riesce a gestire le proprie attività in autonomia. In questa fase, non ricorda quasi nulla e ha reazioni eccessive; gli sbalzi d’umore diventano una costante.
I sintomi ulteriori che caratterizzano il terzo stadio sono:
- incontinenza;
- dimagrimento;
- difficoltà nella gestione dei movimenti;
- disfagia.
Con l’avanzare della patologia, il malato risulta sempre meno autonomo e non può essere lasciato solo a svolgere le sue attività.
Come viene diagnosticato il morbo di Alzheimer?
Nonostante l’evoluzione della ricerca e delle conoscenze sull’Alzheimer, è molto difficile diagnosticare la malattia in maniera precoce. L’alterazione del tessuto cerebrale, infatti, può essere analizzata con strumenti e tecniche avanzate ma è solo con l’esame autoptico del cervello è possibile vedere le placche e i grovigli neurofibrillari. Dunque, non si può distinguere con esattezza l’Alzheimer dalle altre forme di demenza quando il paziente è ancora in vita.
Nella fase iniziale della malattia non è facile riconoscere i sintomi e, la maggior parte delle volte, la diagnosi di Alzheimer arriva dopo molto tempo dall’inizio della malattia.
I test per eseguire la diagnosi della malattia di Alzheimer sono molti e comprendono:
- esame fisico e neurologico, durante il quale vengono valutati i riflessi, la massa muscolare, la coordinazione e la capacità di svolgere piccoli compiti;
- esami del sangue per escludere altre patologie e valutare i livelli delle proteine coinvolte nella formazione di placche e grovigli, la proteina beta-amiloide e la proteina tau;
- test neuropsicologici per stabilire il livello della malattia e monitorare l’evoluzione;
- risonanza magnetica, tomografia computerizzata e PET per valutare la demenza ed escludere altre patologie.
I diversi esami vanno ripetuti nel tempo per valutare il progredire della malattia.
Demenza senile e complicazioni derivanti dal morbo di Alzheimer
Nelle persone anziane si tende a sottovalutare la presenza di sintomi come la perdita di memoria o la difficoltà a trovare parole e ad esprimere concetti, considerandole semplicemente manifestazioni di demenza senile.
Purtroppo, l’Alzheimer non dovrebbe essere considerata una forma comune di demenza senile poiché può comportare complicazioni gravi e letali.
Il malato, infatti, non riesce ad esprimere i propri bisogni o a comunicare eventuali problematiche che lo riguardano, come il dolore o sintomi di altro genere. In caso di altre patologie, risulta difficoltoso effettuare una diagnosi e individuare una terapia appropriata.
Il progredire della malattia, inoltre, incide sulla capacità di spostarsi e deglutire, con il rischio di conseguenze gravissime. La difficoltà di deglutizione può essere alla base di problemi di denutrizione o disidratazione, oppure causare malattie respiratorie come polmoniti e broncopolmoniti.
Tra le conseguenze più insidiose del morbo di Alzheimer c’è anche la difficoltà a controllare gli sfinteri, da cui dipendono stipsi o diarrea.
A causa della mancanza di movimento possono comparire piaghe da decubito.
Nella fase finale della malattia, il rischio maggiore è che il paziente muoia a causa delle problematiche a livello respiratorio dovute alla difficoltà nella deglutizione.
Come si cura il morbo di Alzheimer?
Attualmente non esistono cure per il morbo di Alzheimer ma solo trattamenti per contenere i disturbi e migliorare le condizioni di vita dei pazienti.
Le terapie farmacologiche comprendono due trattamenti - aducanumab (Aduhelm™) e lecanemab (Leqembi™) - per rimuovere l'amiloide-beta, il principale costituente delle placche dell’Alzheimer.
Tuttavia, la ricerca scientifica deve ancora lavorare molto per trovare un rimedio che possa rallentare l'avanzamento della malattia, prevenire la sua insorgenza e curare i sintomi.
Oggi come oggi è possibile solo lavorare sui fattori di rischio, cercando di mantenere uno stile di vita sano e allenando le funzioni mentali.
Gestire il comportamento della malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer induce il paziente a mettere in atto comportamenti incontrollabili e, a volte, pericolosi per sé stessi e per chi ha intorno. L’aggressività è uno dei tratti più comuni, insieme a paranoia e ansia. Molte persone accusano disturbi del sonno e non risposano quanto e come dovrebbero; dormono sonni agitati oppure non riposano affatto.
In casi del genere, potrebbe essere utile ricorrere a sostanze naturali, in grado di regolare il ciclo circadiano sonno-veglia. Tra i benefici del CBD c’è proprio quello di favorire il sonno e migliorare la qualità del riposo.
Alcuni pazienti tendono a vagare senza meta e senza ricordare chi siano o dove stiano andando.
Per i disturbi del comportamento esistono diversi farmaci come donepezil, rivastigmina e galantamina, in grado di trattare i diversi sintomi ma senza alcuna influenza sulla patologia.
I farmaci per il trattamento dei sintomi comportamentali dell’Alzheimer influiscono sull’azione dei neurotrasmettitori, modulando l'azione dei neuroni.
A che punto è la ricerca?
I ricercatori stanno cercando di sviluppare trattamenti mirati per la malattia di Alzheimer. L’obiettivo della ricerca è quello di agire su più fattori, così da mettere in atto una strategia multi-bersaglio che vada a interferire sull’azione della proteina β amiloide e sugli altri fattori scatenanti.
Le scoperte più recenti riguardano il meccanismo con cui la malattia colpisce il cervello e porta alla formazione delle placche amiloidi e dei grovigli.
In fase di studio, però ci sono diversi approcci. In Europa, ad esempio, è partito il progetto Nectar dedicato proprio alla ricerca sull’Alzheimer. Nel progetto sono coinvolti 7 gruppi europei che andranno a studiare gli effetti della radioterapia innovativa nel trattamento dell’Alzheimer. L’obiettivo dei ricercatori coinvolti è quello di colpire gli aggregati neurotossici con un fascio di radiazioni, per eliminare gli elementi di tossicità dal cervello.
Molti ricercatori stanno studiando anche il possibile legame tra morbo di Alzheimer e CBD. In particolare, sembra che il CBD sia efficace nelle malattie neurodegenerative, grazie alle sue proprietà neuroprotettive.
Esistono cure naturali efficaci per il morbo di Alzheimer?
In assenza di cure specifiche, si possono esclusivamente trattare i sintomi dell’Alzheimer. Per evitare di assumere farmaci e aiutare il proprio organismo in modo naturale, è possibile ricorrere a cure naturali per il morbo di Alzheimer. Ad esempio, il CBD è stato spesso studiato e testato dai ricercatori per trattare questa condizione, così come altre sostanze naturali sane e prive di effetti collaterali per l’organismo.
Per aiutare il malato di Alzheimer si possono prendere in considerazione diversi rimedi naturali, come:
- vitamine A, C ed E; vitamine del gruppo B;
- coenzima Q10;
- idebenone;
- acetilcisteina;
- selegilina;
- ginkgo biloba;
- selenio;
- olio di CBD;
- omega 3;
- curcuma;
- tè, caffè e guaranà;
- zenzero;
- iperico;
- ginseng.
È chiaro che queste sostanze non curano il malato di Alzheimer, ma possono aiutare i pazienti a stare meglio, proteggendo i neuroni e rallentando il processo neurodegenerativo. Per prevenire l’insorgenza della malattia è essenziale avere uno stile di vita sano, seguire una dieta bilanciata, evitare il fumo e gli alcolici e fare attività fisica regolare.
Buongiorno,
Per un anziana con Alzheimer in stadio avanzato che si irrigidisce e digiuna i denti può andare bene cbd 30% , ma full o broad spectrum?
Grazie
Saluti
Marco
Ciao Marco, ti consiglio di contattare i ragazzi di Crystal su WhatsApp